
Sono le tre del mattino di una calda giornata di Giugno quando atterro sul suolo israeliano.
E’ la seconda volta che mi trovo qui, con quelle speranze e paure che ora si sono fatte concrete, e non sono solo più un’idea.
Non è stato difficile decidere di tornare, decidere di vivere ancora una volta un piccolo pezzo della mia vita lì, in quella terra di ulivi ed ingiustizie.
Sarà tranquillo, mi dico, alla fine sono quattro mesi che sei a casa, andrà tutto bene.
Sono le tre del mattino quando un agente dell’immigrazione mi dice che no, qualcosa nella mia storia non torna, e che devo aspettare.
C’è qualcosa di strano in quel mio ritorno, ed aspetto, davanti alla porta di quell’ufficio che deciderà, ancora una volta, del mio futuro qui.
Ed è stato così che, nel giro di poche ore, ho ricordato cosa fosse l’occupazione.
“Sei già espulsa, credi che non sappiamo cosa tu abbia fatto in quei tre mesi?”.