Nemico comune

Il Sole 24 Ore riporta che dall’inizio dell’epidemia in Albania sono morte 34 persone.
Solo il 4 giugno in una cittadina vicino a Tirana sono morti due giovani fratelli.
Uccisi.
Ma non dal corona virus.
Uccisi da un altro ragazzo.
Uccisi per un male micidiale che non dà scampo alla meravigliosa terra delle aquile.
In questi mesi si è tanto parlato di “nemico comune”, della necessità di trovare il modo per difendersi da questo male. Abbiamo dovuto cercare ed inventare una soluzione per affrontare qualcosa più grande di noi, abbiamo scoperto il modo per difenderci da questo nemico. Abbiamo modificato le nostre vite, abbiamo imparato a convivere con la sensazione di claustrofobia della mascherina e con le mani screpolate a causa del gel disinfettante.
Anche l’Albania si è attivata, ha imposto un coprifuoco, ha attivato un sistema di autodichiarazioni online, per tutelare i cittadini da un male che opprimeva, che faceva paura.
Ma c’è un altro male che fa paura, che opprime l’Albania.
Un male terribile che si insinua dentro e logora le persone, le loro vite, i loro affetti.
È la “vendetta di sangue”.
La cosa incredibile è che la soluzione a questo “nemico” non deve essere inventata, scoperta o testata. La soluzione alla “vendetta di sangue” è davanti ai nostri occhi ed è molto più semplice di quanto si creda. La soluzione è il perdono, è scegliere di perdonare e ancora prima di perdonarsi.
Perché smettere di odiare salva l’altro ma libera se stessi.
George Frendo, arcivescovo di Tirana, ha usato queste parole durante l’omelia del funerale dei due fratelli: “La nostra natura ci spinge alla vendetta, ma la nostra religione al perdono. Il perdono non è per i codardi. Solo l’uomo forte può perdonare. Gesù ci ha insegnato a pregare e in quella preghiera ci ha insegnato a dire: “Perdona i nostri peccati mentre perdoniamo i nostri peccatori”. E ha rafforzato questo insegnamento con il suo esempio”.
Eccola la soluzione. Facile, intuitiva, a portata di mano.
Il coronavirus non sceglie. Il coronavirus colpisce senza guardare dove arriva.
Colpisce giovani, anziani, bambini. Alcuni reagiscono e lo sconfiggono. Altri soccombono.
La vendetta sceglie. L’odio scava nelle viscere. Impedisce di dormire, di mangiare, di bere un caffè.
Perché gli sguardi silenziosi pesano come macigni e infilzano l’onore e l’orgoglio come spade affilate.
La vendetta è subdola. La vendetta colpisce chi la subisce e chi la compie. La vendetta è infame perché distrugge le vite di chi la dovrebbe compiere, ricordandogli ogni giorno che la sua vita non sarà mai degna finché il sangue non sarà ripagato. La vendetta è infame perché distrugge la vita di chi la dovrebbe subire, perché vive ogni giorno sul filo del rasoio, non sapendo se uscire e rischiare di morire o chiudersi in casa e rischiare di non vivere.
Operazione Colomba ha conosciuto la vendetta, ha convissuto 10 anni a Scutari con persone che vivono il dramma della vendetta.
Ha accompagnato madri distrutte dal dolore di aver perso un figlio.
Ha accompagnato madri distrutte dal dolore per il figlio che sconta in carcere la pena per omicidio.
Ha preso per mano giovani adolescenti, accompagnandoli mentre crescevano fra parole strane e nuove, parole che la tradizione fa fatica a concepire.
Ha sorretto con sguardi e silenzi padri il cui senso di colpa per essere sopravvissuti ai figli logora presente e futuro.
Ha cantato e gioito con donne forti, che fanno il loro piccolo pezzo per rendere la loro terra un posto migliore.
La morte dei due fratelli bussa anche alla nostra porta.
Noi non siamo più lì, non possiamo andare a portare le condoglianze a quella madre.
Non possiamo stare accanto a quella famiglia che è andata a dormire libera e si risveglia imprigionata in una vendetta che forse nemmeno ha scelto.
Ma possiamo decidere di essere liberi.
Possiamo decidere che il perdono vincerà sulla vendetta.
Possiamo scegliere, anche per chi non ha potuto.

N.

Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Operazione Colomba.