Operazione Colomba – report mensile delle attività in Albania – maggio 2018

muralesSituazione attuale
Nel mese di maggio, oltre ad alcuni omicidi legati a futili motivi o a possibili conflitti di proprietà, è accaduto un grave caso che riguarda il livello di discriminazione delle minoranze etniche nel Paese e il basso grado di fiducia della cittadinanza nei confronti della giustizia statale. Un ragazzo di etnia rom è morto a Korça, nel Commissariato di Polizia, durante la detenzione in custodia cautelare. La polizia dichiara sia deceduto per cause naturali, mentre la famiglia della vittima accusa le forze di polizia della sua morte, a causa della sua appartenenza etnica. La famiglia ha dichiarato pubblicamente che, se non sarà fatta giustizia da parte dello Stato, ricorrerà a forme di giustizia privata.

Condivisione e lavoro e novità sui volontari
A inizio mese ci siamo recati a Tropoja per stare vicino alle famiglie in vendetta di sangue di quel luogo. Con una di esse, in particolare, stiamo svolgendo un importante lavoro di accesso alla giustizia statale, per comprendere il motivo per cui l’assassino di un loro parente stretto sia uscito dal carcere dopo aver scontato solo pochi anni di pena. Grazie alla collaborazione con il nostro consulente legale, sappiamo che la famiglia deve rivolgersi direttamente alla Procura regionale. Riteniamo di vitale importanza sostenere la decisione della famiglia di perseguire le vie legali, poiché ciò allontana il rischio di ricorso alla vendetta; inoltre, questa scelta rafforza la volontà dichiarata dalla famiglia stessa di perdonare colui che ha commesso l’omicidio.
A metà mese, abbiamo ricevuto la preziosa visita di Padre Gianfranco Testa, missionario della Consolata in America Latina e co-fondatore delle Scuole di Perdono e Riconciliazione, con cui abbiamo trascorso una settimana ricca ed intensa. Abbiamo visitato le famiglie che soffrono per la vendetta di sangue, portando loro parole di perdono e conforto. In particolare, Padre Gianfranco ha sottolineato l’importanza di guardare avanti, pensando e investendo le energie nel futuro, e nei bambini, che si affacciano alla vita e che riempiono le case di energia e serenità. Insieme a Padre Gianfranco abbiamo organizzato la consueta visita annuale al Santuario di Sant’Antonio a Laç con donne e bambini appartenenti a famiglie vittime del fenomeno della vendetta. Al Santuario, dopo la partecipazione alla Messa, Padre Gianfranco ha raccontato alle donne una vicenda che si è conclusa con una scelta di perdono, avvenuta qualche mese fa in Italia, a testimonianza che è possibile scegliere una via di pace. Alcune donne, che ancora non sono riuscite a rielaborare la perdita dei loro figli, si sono commosse e l’hanno ringraziato per l’esempio. L’ultima attività svolta con Padre Gianfranco è stato un incontro con il Gruppo di giovani in vendetta che seguiamo, durante il quale abbiamo proposto un gioco semplice ma dal grande significato; i ragazzi sono stati invitati a riflettere sul senso del dare e del ricevere e sull’importanza della collaborazione e dell’aiutarsi a vicenda per raggiungere i propri obiettivi. Padre Gianfranco è stato come sempre una presenza forte, ci ha dato sostegno e soprattutto il coraggio di non aver mai timore di parlare di perdono e di riconciliazione, anche davanti ai cuori più sofferenti.
A metà maggio abbiamo salutato Elona, che ringraziamo moltissimo per il grande lavoro che ha fatto in questi ultimi mesi, con la speranza che torni presto. La partenza di Elona ha coinciso con l’arrivo di Sara, che si fermerà con noi per due mesi.

Rapporto con le istituzioni e lavoro in rete
Alla fine del mese di maggio abbiamo incontrato un sacerdote e una suora di una Parrocchia della periferia di Scutari, in cui è stato commesso un omicidio pochi mesi fa. L’incontro è stato fondamentale per poter iniziare una collaborazione proficua e orientata alla pace e al perdono tra le famiglie coinvolte nel lutto. Entrambi si sono detti disponibili a intraprendere un cammino comune per aiutare le due famiglie in conflitto, sia quella della vittima, che sta soffrendo molto, sia la famiglia del giovane reo, che si ritrova a vivere autoreclusa per il timore di subire una vendetta.