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DIALOGO. Sulla parete di plastica di una tenda, i ragazzi del campo hanno disegnato due mani che si stringono: "Sono diverse ma stanno insieme, rappresentano la pace". La pace, per tutti. Come si fa a non capire? Ieri H. ci ha letto una poesia che ha scritto pensando alla propria vita; parla di polvere, orfani, macerie... Tra 50 anni, quando parleranno della guerra in Siria, chi si ricorderà di lui? Un ragazzo di 21 anni, queste cose, dovrebbe leggerle solo nei libri di scuola. Ci pensi mai? (Tel Abbas, Akkar, Libano). / "Io sono orfano / di una patria senza popolo / e il mio popolo è distrutto / In una terra straniera, / Lontano dalla sua patria. / Io sono emarginato in mezzo alle rovine, / Fatto a pezzi, / Senza quartiere, né casa. / O Damasco, richiami a te / Perché tu sei mia madre / E io non sono abbastanza forte / Per essere svezzato. / Di te ho amato / Il marciapiede e tutte le pietre. / Di te ho amato / L'acqua, la polvere e il leban. / Temo i tuoi nemici, / Ho paura per te. / Abbracciami e richiamami a te, / Perché possa respirare l'odore / della tua pioggia speziata. / Avrei augurato alla mia patria la libertà. / Ma non vedo in Te / Né libertà, né forza / Dopo l'insediamento dell'ariete. / Io vedo un popolo consumato / E il mio cuore è ancora stanco. / Un colpo a coloro / Che ti hanno fatto del male / E che nel mio petto / Hanno conficcato una lancia". / Abdel Hadi Al Masri, 21 anni, Homs. (H. è riuscito a scappare alla violenza e all’oppressione del libano attraverso i corridoi umanitari, ora vive in Italia, ma ha dovuto lasciare famiglia e affetti). / Fotografia di Luca Cilloni