Proposta di Pace dei profughi siriani in Libano

 

NOI SIRIANI


Noi siriani, profughi nel nord del Libano, riuniti in Organizzazioni ed Associazioni, semplici cittadini e famiglie scampati alla morte e alla violenza, a cinque anni dall'inizio della guerra che ha distrutto il nostro Paese, viviamo a milioni senza casa né lavoro, senza sanità né scuola per i nostri
figli, senza futuro. Nel nostro Paese ci sono centinaia di gruppi militari che, con la sola legittimità data loro dall’uso della violenza e dal potere di uccidere, ci hanno cacciato dalle nostre case. Veniamo ancora uccisi, costretti a combattere, a vivere nel terrore, a fuggire, veniamo umiliati e offesi.
Ai tavoli delle trattative siedono solo coloro che hanno interessi economici e politici sulla Siria. A noi, vere vittime della guerra e veri amanti della Siria, l'unico diritto che è lasciato è quello di scegliere come morire in silenzio.
Ma noi, nel rumore assordante delle armi, rivendichiamo il diritto di far sentire la nostra voce, e insieme a coloro che ci sostengono e a chi vorrà unirsi al nostro appello

CHIEDIAMO

  • la creazione di zone umanitarie in Siria, ovvero di territori che scelgono la neutralità rispetto al conflitto, sottoposti a protezione internazionale, in cui non abbiano accesso attori armati, sul modello, ad esempio, della Comunità di Pace di San José di Apartadò in Colombia (www.corteidh.or.cr/docs/medidas/apartado_se_05.pdf). Vogliamo che siano aperti corridoi per portare in sicurezza i civili in pericolo fino alla fine della guerra e che tutti i rifugiati ritornino a vivere in pace e sicurezza nella loro Patria;

  • che si fermi la guerra: che si fermino immediatamente i bombardamenti, che si blocchi il rifornimento di armi e che le armi già presenti vengano eliminate; che si ponga fine all'attuale assedio di decine di città siriane (www.siegewatch.org), che gli abitanti di queste città, senza cibo e medicine, siano assistiti immediatamente e posti in sicurezza;

  • che siano assistite le vittime e sostenuto chi le soccorre: che siano liberati i prigionieri politici, ricercati i rapiti e dispersi; che siano soccorsi e assistiti anche in futuro i feriti e i disabili di guerra;

  • che si combatta ogni forma di terrorismo ed estremismo, ma che questo smetta di essere, com'è ora, un massacro di civili innocenti e disarmati, che oltretutto alimenta il terrorismo stesso;

  • che si raggiunga una soluzione politica e che ai negoziati di Ginevra siano rappresentati i civili che hanno rifiutato la guerra, e non coloro che hanno distrutto e stanno distruggendo la Siria;

  • la creazione di un Governo di consenso nazionale che rappresenti tutti i siriani nelle loro diversità e ne rispetti la dignità e i diritti. Vogliamo che sia fatta verità e giustizia sui responsabili di questi massacri, distruzioni, e della fuga di milioni di profughi, e lasciato spazio a chi vuole ricostruire. Vogliamo convocare ora le migliori forze internazionali, in grado di costruire convivenza e riconciliazione, per sostenere ed elaborare insieme a noi civili un futuro per il nostro Paese.


Promosso da: Operazione Colomba*, Corpo Nonviolento di Pace dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.
Contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

*Operazione Colomba (www.operazionecolomba.it) è stabilmente presente in Libano dal 2014, nel campo profughi (in una tenda) e nel villaggio di Tel Abbas, a 5 chilometri dal confine con la Siria. Dopo avere subito minacce e violenze da parte di alcuni libanesi del luogo, i rifugiati stessi del campo hanno chiesto ai volontari di Operazione Colomba di vivere insieme a loro, perché una presenza internazionale, civile e disarmata, rappresenta un forte deterrente all’uso della violenza. Per tre anni i volontari hanno condiviso direttamente la vita con i rifugiati nei campi del Libano. Questo ha permesso ad Operazione Colomba di raccogliere e farsi portavoce delle richieste fatte dai rifugiati siriani e da rappresentanti di altri rifugiati... persone che sono scappate dalla guerra in Siria per non dover essere obbligate a combattere o essere uccise.