No alla scomunica per gjakmarrje

Da “Gazeta Shqiptare ”del 30 ottobre 2012

“No alla scomunica per gjakmarrje (vendette di sangue), non sono favorevole al decreto”
Monsignor Rrok Mirdita si esprime contro il metropolita di Scutari

Monsignor Rrok Mirdita si è espresso a sfavore della scomunica per vendette di sangue. Il vescovo afferma di non essere d’accordo con la decisione del metropolita di Scutari, perché a suo parere la fine delle vendette non si raggiunge con un decreto. Inoltre, aggiunge, colui che uccide, colui che infrange i comandamenti di Dio, lui stesso si auto scomunica per il crimine che compie. D’altra parte, il vescovo della diocesi di Tirana-Durrazzo ha reagito per la prima volta anche in riferimento alla questione delle accuse rivoltegli degli ex perseguitati politici durante gli scioperi, che lo considerano un ex agente dell’UDB (Amministrazione della Sicurezza Statale. Polizia segreta della ex Jugoslavia attiva dal 1945-1991). Monsignor Rrok Mirdita non afferma e non nega nulla, ma chiede perché si lamentano che non li ha visitati quando credono alle accuse che gli hanno rivolto. Più sotto si pubblica l’intervista integrale che l’Arcivescovo metropolita di Tirana-Durrazzo alla trasmissione televisiva “Arena” di Roland Qafok.

- Monsignor Rrok Mirdita come commentate la scomunica di coloro che uccidono per gjakmarrje?
Io sono per la comunione e non per la loro scomunica. Gli iniziatori della scomunica sono stati il metropolita di Scutari insieme con i vescovi di Vau Dejes e Lezha. L’Albania è divisa amministrativamente da due metropolie quella di Scutari e quella di Tirana-Durrazzo. Nel decreto è coinvolta la sola metropolia di Scutari. Io non ne sono promotore e non sono favorevole a tale decreto.

- Perché non lo appoggiate?
La mia filosofia è la comunione tra gli uomini non la loro scomunica anche perché siamo stati fuori dalla chiesa durante i 50 anni di dittatura comunista. Tenendo conto del triste fenomeno delle vendette di sangue penso che si debba lavorare di più, intensamente parlando con la gente anche attraverso personalità religiose e laiche che hanno peso e importanza nei luoghi dove succedono gli omicidi. È, infatti, il dialogo il modo più indicato per ridurre ed eliminare completamente la mentalità delle vendette. Penso che con un decreto non si raggiunga questo. Colui che uccide, che infrange i comandamenti di Dio, egli stesso si auto scomunica per i crimini che compie.

- Il vostro pensiero contro la scomunica si lega con il fatto che la vendetta di sangue si colloca precisamente nelle zone dove è stato emanato il decreto per la scomunica?
La domanda è legittima, ma non è questa la ragione. Tenendo conto dei movimenti demografici che sono avvenuti in quest’ultimi anni, dove un gran numero di persone sono sfollate dalle zone più interne per riversarsi nelle periferie di Tirana, posso dire che non vi è legame. Gli omicidi li compiono gli uomini non i luoghi. Questo è il punto che mi trova in disaccordo, vale a dire il fatto che in questa zona  il Kanun ha avuto un incidenza più grande e più tardiva  ma gli omicidi avvenuti non hanno nulla a che fare con il kanun. Nel kanun non si permettono gli omicidi delle donne e dei bambini, ma sfortunatamente questo è successo. Penso che con una serie di interventi preventivi e un lavoro intenso ma sistematico con le famiglie coinvolte in questi omicidi attraverso la mediazione delle persone necessarie, questo fenomeno può attenuarsi fino a scomparire.

- Con quanto voi dite si può dedurre che siete critico verso la chiesa che non ha affrontato come si doveva il fenomeno delle vendette di sangue in Albania?

Io sono qui per dire che del lavoro è stato compiuto, ma posso affermare che da parte della chiesa  non è stato fatto tutto il  necessario per affrontare questo fenomeno. Alle persone che compiono questi crimini sicuramente si deve aumentare la responsabilità morale religiosa, ma d’altra parte anche lo Stato deve prendere misure adeguate, coloro che uccidono devono pagare. Io sono per la pena di morte a meno che la legge preveda condanne più severe.

- Ma nella metropolia che voi guidate, quando un cattolico compie un omicidio, come agite?
Fortunatamente questo fenomeno in questa zona non è diffuso. Gli omicidi sono stati semplicemente omicidi e non per prendere il sangue. Ma come dicevo ance prima, a causa della popolazione eterogenea, sicuramente non è stato facile,  ma i parroci del posto hanno fatto di tutto per andare con qualche altra persona dalle vittime danneggiate per convincerle a non proseguire gli omicidi.

- Ultimamente gli omicidi compiuti non sono semplicemente tali ma sono accompagnati da ogni genere di efferatezza che si accompagna al macabro, fatto che non si riscontrava nel passato. È un effetto della mancanza di fede di 50 anni di comunismo?
Per quanto riguarda la religione o meglio il decalogo, si dice di non uccidere e che il compiere omicidio e il più grande dei peccati. Chiunque decide di prendere la vita a qualcun’altro sicuramente non ha legame con la fede. Egli può andare in chiesa o in moschea ma la fede non ha per nulla effetto sulla sua mentalità e cultura. È nel rapporto con Dio che dice di non togliere la vita a nessun’altro, lui che l’ha data per noi, che la fede può rendere mite il cuore e cambiare la mentalità. Quando si uccide non è solo mancanza di fede ma è anche cultura, ma gente che decide di manifestare tanta brutalità penso che non abbia nessun legame con la fede. La fede è un tipo di strumento che ci da l’esatta cognizione che in quei  momenti l’odio si bilancia e si equilibra per non concludersi in azioni orribili.