di Giuseppe Santaguida
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Il Cile è un Paese di 18 milioni di abitanti. Al suo interno vivono 10 minoranze etniche ufficialmente riconosciute dalla Ley Indigena 19.253, ma non dalla Costituzione. Secondo un censimento del 2017, esse rappresentano circa il 12,8% della popolazione. Tra queste, la più numerosa è quella dei Mapuche. Il Wallmapu è il territorio ancestrale di questo popolo, che in passato comprendeva i territori della parte centrale del Cono Sur, attraverso gli attuali stati di Cile e Argentina: dal fiume Limarí, fino all’arcipelago di Chiloé, dalla Provincia di Buenos Aires fino alla Patagonia. Tuttora, in Cile questo territorio corrisponde alla cosiddetta “Macrozona Sur”, che comprende le regioni del Biobío, Araucania, Los Riós e Los Lagos. Questa macroregione è tradizionalmente segnata dal “conflitto mapuche”, un conflitto di lunga data che vede le comunità indigene contrapporsi quotidianamente agli interessi di molte aziende private e allo Stato cileno. Nella loro millenaria storia, i Mapuche hanno dovuto resistere a diversi tentativi di invasione. I primi furono gli Inca, che non riuscirono mai ad espandere il loro impero a sud del fiume Biobío. In seguito, gli Spagnoli cercarono di invadere i territori a sud in cerca di metalli preziosi. Anche in questo caso, i Mapuche opposero una fiera resistenza, tra le più eroiche mai attuate nelle Americhe, costringendo gli invasori europei a rivedere le loro pretese. Raggiunta la sua indipendenza, la Repubblica del Cile decise di mettere fine una volta per tutte alle aspirazioni di libertà di questo popolo, attraverso una campagna militare che verrà definita “Pacificazione dell’Araucania”.
IN PRIMO PIANO
Il rumore dell’acqua
E sono contenta
Di essere viva
E di avere sentito
Il rumore dell’acqua
Accoccolata su una delle rocce che costellano l’orto di H mi perdo ancora una volta nella bellezza del tramonto su Yatta. C’è un momento preciso, il mio preferito, dove il cielo si colora di rosso, bianco e blu, qualche minuto prima del calare del buio. Fa fresco ora, tira un venticello leggero.
Alle mie spalle troneggia una torretta militare israeliana costruita dopo il 7 ottobre sullo spazio dove l’anno scorso abbiamo piantato pomodori, ulivi, cipolle, melanzane. Non c’è più nulla, ci sono passati sopra con il bulldozer qualche mese fa appiattendo tutto: muretti, piante, sistema di irrigazione. I tubi giacciono per terra, tagliati in tanti pezzi uno più corto dell’altro. Sono decine di metri, tutti spezzettati.
“Non puoi lavorare qui” hanno detto ad H i soldati coloni nelle ultime settimane. Troppo vicino alla colonia, motivi di sicurezza, zona militare chiusa; ogni scusa è buona.
Che cosa vuol dire confine?
Confine è una linea che delimita e definisce uno spazio.
Confine è un limite che l’uomo si impone per dividere, allontanare, tenere fuori ciò che gli fa paura.
Confine è dimenticare che ciò che ci rende umani è l’incontro con l’altro.
Tutto questo è l’Evros, un confine naturale che separa la Grecia dalla Turchia, una porta lunga circa 130 Km verso l’Europa per tante persone in movimento.
Per capire cos’è un confine bisogna andare a toccarlo con mano.
L’Evros si mostra al nostro sguardo in tutta la sua brutalità, protetto da un muro che sembra infinito fatto di reti, barriere, basi militari e un dispiegamento di forze militari, polizia di frontiera e Frontex.
Per capire siamo voluti andare sulle rive di quel fiume, un posto che dovrebbe essere naturalmente libero, ma che essendo una delle “porte dell’Europa” diventa un luogo inaccessibile, dove non sarebbe permesso andare.
La polizia di frontiera ci ferma e la vediamo spaventata da due ragazzi.
Veniamo scortati alla stazione di polizia più vicina e trattenuti per 4 ore.
Osserviamo in un luogo che mostra tutta la sua potenza repressiva un insieme di persone totalmente scollegate dalla realtà che noi tocchiamo quotidianamente.
I residenti del campo di Ritsona sono isolati
I volontari e le volontarie di Operazione Colomba in questi mesi hanno lavorato, in cooperazione con altre organizzazioni e collettivi solidali che agiscono sul campo, per scrivere una Dichiarazione sulla situazione di isolamento del campo profughi di Ritsona e le conseguenze che determina sulla vita dei residenti del campo.
Questa Dichiarazione è stata scritta nello specifico per il campo di Ritsona, ma la situazione di isolamento descritta nel documento è comune a tanti altri campi profughi in Grecia.
Il “Camp Network Group” è un gruppo informale composto da collettivi, assemblee, associazioni ed individui che lavorano in solidarietà con le persone che sono costrette a vivere in condizioni di isolamento all’interno dei campi per richiedenti asilo (Ελεγχόμενη Δομή Προσωρινής Φιλοξενίας Αιτούντων - Controlled Access Facility for Temporary Accommodation of Asylum Seekers ) nei dintorni di Atene e in tutto il territorio greco. Siamo convinti che il sistema campi per richiedenti asilo sia inumano e degradante. Questi luoghi violano i Diritti Umani delle persone e la loro libertà di movimento impedendo l’accesso ai servizi di base e rinforzando il controllo e l’isolamento anziché l’inclusione e il supporto. Nessuno dovrebbe essere costretto a vivere in queste condizioni.
Non restare nell’indifferenza
L'occupazione si fa sempre più devastante, dal mio precedente turno, appena prima della guerra.
Da allora ad oggi la differenza è abissale, in 8 mesi i coloni hanno reso molte strade, che eravamo abituati a calpestare, impraticabili, costruendo tende, case e piazzando roulotte.
In 8 mesi hanno quasi spezzato il morale palestinese, quello che succede a Gaza qua è percepito come se lo facessero alla loro comunità.
Ogni volta che il mondo impone il veto ad una risoluzione ONU, ad un cambiamento per fermare questo massacro, qua è percepito come l'ennesima pugnalata, l'ennesima volta in cui gli abitanti di questi villaggi si sentono considerati tutto tranne che umani.
Io di fronte a tutto ciò non provo rabbia o odio, ma provo delusione.
Delusione verso un sistema, delusione verso le istituzioni, delusione verso un modello (quello occidentale) che, secondo quanto mi è stato insegnato, dovrebbe rappresentare il massimo esempio di libertà e di umanità, ma che in questi tempi si è rivelato non molto diverso dalle Nazioni che tanto vengono criticate di solito come disumane e contrarie alla libertà individuale.