TZK è un acronimo che si riferisce agli agenti incaricati di reclutare soldati per l’esercito ucraino tra le persone idonee che non si sono ancora presentate in caserma. È qui che inizia la storia che vogliamo raccontare.
Un articolo di RSI – Radiotelevisione svizzera (www.rsi.ch/info/mondo/Ucraina-lo-spettro-degli-arruolamenti-forzati--2303961.html) riferisce di "Uomini fermati per strada e portati via con la forza, controlli sempre più stringenti, retate alle fermate dei mezzi pubblici e persino in ristoranti e palestre". Tra questi uomini ci sono anche coloro che si dichiarano obiettori di coscienza all'uso delle armi.
Diari dall’Ucraina

Mykolaïv, ore 21:30, suona di nuovo l’allarme, il pensiero va subito a dove sarà l’attacco, a chi lo subirà, ad altre distruzioni e ad altri morti che andranno ad aggiungersi ad una lista senza fine.
Torniamo nel rifugio, ora più confortevole rispetto a tre anni fa, ma pur sempre un luogo “sottoterra”; la luce laggiù, in fondo al corridoio, sembra ogni giorno più vicina ma, invece, rimane fuori, lontana, come la Pace e la serenità.
Arruolamenti forzati e situazione generale a Kherson
Intervista a Snizhana, attiva in una comunità evangelica di Kherson, sugli arruolamenti forzati e sulla situazione attuale in Ucraina e in particolare nell'area di Kherson.
Diario dall’Ucraina

20.11.24
Ala e Bogdan, mamma e figlio. A Mykolaiv da un mese perché la loro casa a Kherson è quasi completamente distrutta. Il marito di Ala, papà di Bogdan, è morto al fronte qualche mese fa. Ala ha fatto il funerale al marito da sola. Non ha più nessuno qui: tutti i suoi parenti sono andati via dall’Ucraina e vorrebbe farlo anche lei, vorrebbe andare in Polonia ma le servono i soldi per il passaporto e deve imparare la lingua. Ala ha gli occhi di chi è distrutto dalla vita, di chi è stanco di questa guerra che devasta quasi tutto. Non distoglie mai lo sguardo dai miei occhi ed i suoi, di occhi, gridano dolore. Eppure Ala cucina ogni giorno per tutti noi al centro di Mykolaiv e si preoccupa sempre se abbiamo mangiato.
Bogdan gioca sempre con il suo monopattino. È un bambino di guerra, uno di quelli che non sogna di fare l’astronauta da grande, semplicemente non sogna più. Ha gli occhi piatti, fermi all’unica possibilità reale che vede: giocare con il suo monopattino e abbracciare la madre. Ha 9 anni Bogdan. Ha un bisogno disperato di vedere che c’è altro oltre la guerra, il suo papà morto, la sua casa distrutta ed il suo monopattino; che può sognare anche lui di diventare qualsiasi cosa lui voglia; che c’è un futuro anche per lui. Ha bisogno di avere lo sguardo di un bambino che sa di poter sognare!
Quanti motivi per tornare

“Non andare! Potresti perdere la vita o le tue braccia o le tue gambe… ascoltami, mi sembri una persona intelligente, il nostro Paese è ormai già stato venduto, è tutta finta questa guerra, non andare!”.
Io sto tornando in Ucraina, la guerra dura ormai da tre anni e io ci ho passato circa la metà di questo tempo lungo e doloroso.
Mi fa un po' impressione questa profezia di Tamara, signora ucraina che mi ha chiesto di aiutarla a fare il biglietto del treno, mi ha detto di essere di Vinnitzje e che nella guerra non bisogna andarci, che è solo un massacro inutile.
Ma perché decido di tornare? mi chiedo.
Scrivo a Max di Mykolaiv per dirgli che domani dovremmo arrivare, mi risponde che ci aspettano, che hanno passato la notte svegli per i bombardamenti dei droni russi (diversi morti) e lui, così pudico nelle emozioni, mi manda abbracci... ci verrà a prendere alla stazione degli autobus.
Ecco uno dei motivi per cui torno.
Poi avviso S. a Kherson, mi avverte che l'inverno è arrivato, gli rispondo che è temporaneo, come ogni stagione, ribatte che no, non passerà, e so che non parla solo del freddo… il Paese con cui hai diviso il freddo non lo dimenticherai mai, scrive un poeta. Un secondo motivo per tornare.
Ripenso ai mesi passati nei sotterranei a Mykolaiv, insieme alla piccola comunità che ci ha accolto, aspettando che smettesse la pioggia dura di bombe, con poca acqua e poca elettricità; penso all'anno passato a Kherson, sotto costante bombardamento, ogni minuto, alle giornate vissute spostando macerie e condividendo il tempo con le persone che hanno scelto di rimanere nelle proprie case anche in queste condizioni… un terzo motivo per tornare: in questo Paese quel che dici deve essere dimostrato dai fatti, se dici che la nostra vita vale come la loro...