Ucraina: proposte concrete per la Pace

I volontari di Operazione Colomba e i Caschi Bianchi sperimentano da trent’anni la condivisione diretta, promuovendo un’azione nonviolenta a fianco delle vittime dei conflitti e della violenza strutturale. Questo ci porta a guardare la guerra dal punto di vista di chi la subisce e a comprendere che a pagarne le conseguenze sono sempre le popolazioni civili.

La Comunità Papa Giovanni XXIII, che aderisce alla richiesta di Papa Francesco di pregare per la Pace e chiede con forza la cessazione delle ostilità e la tregua dei combattimenti, ha inviato una delegazione di tre membri dell’associazione in Ucraina per monitorare la situazione e comprendere come poter essere vicini alla popolazione civile, attraverso quale intervento nonviolento, e come cominciare ad attivarsi per l’accoglienza della popolazione ucraina.

La Comunità condivide le richieste della Rete Italiana Pace e Disarmo, cui aderisce, e del mondo pacifista di raggiungere subito la cessazione del conflitto e chiede, in particolare, al governo italiano:

1) Di revocare la decisione di fornire armi all’Ucraina e di far pressione in Europa perché nessuno Stato invii armi al Paese. Ce lo ripete continuamente Papa Francesco: non si può dire no alla guerra (come recita con chiarezza inequivocabile la nostra Costituzione) alimentandola, né si può dire che è sbagliato uccidere e al contempo si arma uno dei due combattenti. Come già accaduto in altri scenari internazionali, armare uno dei combattenti ha delle ripercussioni nefaste e non prevedibili, portando a un’escalation senza ritorno. Armare dei civili può voler dire aprire la strada alla creazione di gruppi di milizie paramilitari e mercenarie fuori controllo, che una volta creati sono difficilmente smantellabili: si pongono così le basi per le guerre dei prossimi decenni.

Inoltre questo conflitto ci fa toccare con mano il fallimento di politiche fondate sulla crescita continua delle spese militari (quasi 26 miliardi in Italia e 233 miliardi in Europa nel 2022), le quali non hanno sortito ad oggi nessun effetto di deterrenza.

2) Di adoperarsi assieme agli altri Stati europei per garantire il passaggio sicuro alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative per l’assistenza umanitaria alla popolazione civile. A pagare le conseguenze delle guerre sono, infatti, le popolazioni civili. Soprattutto queste vanno, allora, tutelate. Il primo atto è chiedere un cessate il fuoco immediato, chiedere alla Russia il ritiro delle proprie forze militari da tutto il territorio ucraino e portare con tutti i mezzi pacifici e nonviolenti che la diplomazia internazionale ha a disposizione, Russia e Ucraina a un tavolo a negoziare la Pace.

3) Di favorire l’intervento delle Nazioni Unite, e di farsi promotore di una forza di interposizione indipendente, internazionale e nonviolenta: un Corpo Civile di Pace non armato e nonviolento europeo disposto ad andare in Ucraina.

Esiste una casistica ampia di esperienze di difesa nonviolenta, a partire dalla seconda guerra mondiale, che purtroppo spesso non entra nella narrazione mediatica. E’ fondamentale, quindi, costruire alternative nonviolente praticabili ed efficaci come, per esempio, una marcia per fermare le violenze, ricordando quelle promosse dal movimento pacifista italiano a Sarajevo, Bukavu, Pristina...

4) Di impegnarsi assieme agli altri stati dell’Unione per costruire una “neutralità attiva”. E’ necessario agire per prevenire futuri conflitti armati e minacce di guerra nucleare, costruendo una strategia di sicurezza comune e demilitarizzata che ponga la cooperazione e la soddisfazione collettiva dei bisogni delle persone e del pianeta in primo piano in tutte le politiche e azioni.

Condividiamo la presa di posizione della Rete Italiana Pace e Disarmo sulla crisi dell’Ucraina: «Come è possibile la costruzione di una Europa con “sicurezza condivisa” tra e per tutti gli Stati ed i popoli, se si continua con questa politica di contrapposizione militare che, vista dall’altra parte, è sinonimo di accerchiamento, di minaccia alla propria sicurezza?”.

5) Che l’Italia aderisca al più presto al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) entrato in vigore il 22 gennaio 2021 e lavori urgentemente per l’eliminazione di tutte le armi nucleari, come richiesto dalla Campagna “Italia, ripensaci” e dall’appello del 2 giugno scorso firmato da 40 Associazioni cattoliche. L’eliminazione delle armi nucleari aiuterebbe a stabilire nuovi assetti internazionali e a liberare risorse per affrontare la crisi climatica.

6) Di istituire al più presto un Ministero della Pace che possa individuare azioni coordinate per promuovere politiche di pace e che abbia tra le sue competenze il disarmo, la difesa civile non armata e nonviolenta, la promozione dei Diritti Umani, la prevenzione della violenza.