Perché abbiamo pensato questa carovana?

Siamo arrivati a Leopoli da qualche settimana, dopo l'inizio della guerra.
Siamo ospiti in un centro di accoglienza per profughi, nella periferia della città.
Andando quasi tutti i giorni in stazione, abbiamo visto migliaia e migliaia, decine di migliaia di persone che scappano dai territori in guerra; come se la guerra avesse dichiarato “proprio” questo territorio togliendolo ai civili.
Perché abbiamo pensato questa marcia?
Proprio per dire che invece i civili riaffermano il fatto che nessuno ha il diritto di fare la guerra! Anche se sembra una prospettiva così lontana, in questo momento in cui il mondo è gestito da persone che si arrogano il diritto di decidere della vita di altri; di decidere di chi i sono i territori; di decidere se uno deve vivere o morire; di mandare a morire migliaia di giovani per niente.
Ecco, in questa situazione, dopo che c’è stato un dietro front di un gruppo di politici del Parlamento italiano, abbiamo proposto a chi volesse, alle associazioni italiane e alla società civile, di fare una carovana, una marcia.
Centinaia di persone hanno aderito e verranno qui sabato 2 e domenica 3 aprile a portare aiuti, a portare solidarietà e a portare in Italia persone.
Così come la guerra uccide, la solidarietà si prende cura delle persone.

Perché che pace è una pace che non guarda le persone, che non ha cura delle persone? e in particolare delle più fragili: bambini, persone con handicap...
Incontreremo diverse autorità, i vescovi, la società civile e associazioni che ci aspettano a braccia aperte.
Ci ringraziano ancora prima di partire, si meravigliano!
Ci dicono “è bellissimo! E’ strano questo fatto che voi venite da casa vostra per stare con noi in un momento in cui bombardano la nostra città”.
L’ultimo attacco è stato sabato scorso e anche stanotte hanno suonato gli allarmi per metà della notte.
Crediamo che un gesto isolato di questo tipo sia affermare il diritto di vivere sulle proprie terre, il diritto di non lasciare la terra in mano a persone che dichiarano guerra, senza neanche avere il titolo per farlo, decidendo così improvvisamente che quello è un territorio per morire e non per vivere.
Di fronte a tutto questo noi reclamiamo il diritto contrario: il diritto alla solidarietà, il diritto alla pace, il diritto alla nonviolenza, ad affrontare i problemi della convivenza in maniera diversa dall’uccisione.
Don Milani diceva che la guerra è un'orribile macchina per fare orfani.
Ecco, non ci sembra che fare orfani e vedove sia un modo per risolvere il problema di convivenza!
K

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