Babushka Vera

Ce l’hanno presentata come “Babushka Vera” ed anche per noi è diventata immediatamente “nonna Vera”.
Una gracile anziana di Mykolaïv, magra magra, con i capelli bianchi.
Era la prima persona che salutavamo quando ci svegliavamo e l’ultima quando andavamo a letto.
Perché Vera, come noi, dormiva nel rifugio seminterrato.
Aveva deciso di non andare via nonostante la guerra, perché quella città era anche casa sua.
Così, ogni sera verso le sei, veniva in rifugio.
Forse perché trovandosi e trovandoci insieme, le bombe che cadevano di notte facevano meno paura.
O forse perché, nonostante la grande paura, non era da sola.
Aveva delle consumate ciabatte verdi di plastica che lasciava ogni giorno sotto il suo letto/divano.
Chissà se sono ancora là.
Vera ci voleva bene!
Ci sorrideva, sempre contenta di vederci, ci abbracciava e la sera chiacchierava e scherzava con noi.
Una volta che il figlio è venuto a farle visita, l’abbiamo vista seduta in disparte in giardino con la sua nipotina.
Chissà di cosa le stava parlando.

La piccola era tutta assorta ad ascoltarla e non ha tolto lo sguardo un attimo dalla sua nonna.
Qualche volta l’abbiamo aiutata a portare la tanica dell’acqua fino alla fermata del tram.
“La mia casa è da quella parte, ma vicino” ci ripeteva.
Una cluster bomb, una bomba a grappolo, quelle che scoppiano in mille pezzi per far male a più gente possibile, l’ha uccisa il 29 settembre, probabilmente mentre aspettava il solito tram.
A noi fa tanto male perché è come se fosse stata uccisa la nostra nonna.
Vera continua a mancarci anche in questi giorni.
Sapevamo che la guerra non lascia spazio alle persone.
Non solo vuole che se ne vadano, ma se osano rimanere, le uccide.
Ed è per quello che Operazione Colomba è con loro; per non lasciarle sole e per riprendersi, insieme a loro, quello spazio.
Non solo qualcosa di fisico ma anche uno spazio di umanità, di relazione e di amore, come quello vissuto insieme a Vera.
Che posto hanno nella nostra vita queste persone?
Me lo chiedo spesso in questi giorni, tra le notizie sull’Ucraina che scivolano a metà pagina, le nostre vite qui in Italia che continuano ad andare avanti e una voce ronzante in testa che mi dice “alla fine non c’è mai posto per loro”.
Allora mi fermo, la ricordo.
E piango.
Ci manchi Babushka Vera!
M.