Non voglio diventare quello che mi hanno fatto

Sorrisi reciproci e un pezzo di torta, così inizia il nostro incontro di oggi con Andrej, un volontario della Caritas locale che nonostante si sia preparato per fare altro nella sua vita, ha deciso di aiutare la sua gente dall’inizio della guerra.
Siamo andati a incontrarlo non tanto per ribadirgli che siamo qui per loro ma CON loro.
Volontari di una città sotto attacco che da ormai troppo mesi si ritrovano a lavorare no-stop per aiutare i civili in tutti i modi in cui possono, dal distribuire un po’ di cibo, al consegnare indumenti pesanti per il timoroso inverno che sta arrivando.
Ad un certo punto, durante la conversazione, lui rimane felicemente colpito dal fatto che abbiamo imparato un po’ di parole in Ucraino e in Russo; con il permesso di fargli delle domande un po’ più personali, gli chiediamo come mai la maggior parte delle persone in queste zone del Paese continuino a parlare russo.
“Il russo è la mia lingua madre. Sono nato ad Odessa ma i miei nonni hanno origine russe, come “tante” persone in Ucraina. Dallo scoppio del conflitto nel 2014 abbiamo iniziato ad utilizzare maggiormente la lingua ucraina che è stata scelta come unica lingua ufficiale nelle scuole”.
Continua dicendoci che non è possibile avere un cambiamento così immediato tra le due lingue, che nonostante siano simili non sono affatto uguali, ma che dall’inizio del conflitto avvenuto nel 2014 fino ai giorni nostri molte persone, in particolare nelle regioni occidentali, hanno iniziato a distaccarsi dalla Russia e cominciato a parlare in lingua Ucraina.

Nella parte orientale del Paese infatti l’influenza sovietica è molto più forte e presente rispetto alle città occidentali, ma nonostante questo anche qui la popolazione è stata più motivata ad abbandonare ciò che la lega al “regime” e ha quindi iniziato a sforzarsi per cambiare lentamente una delle cose più importanti del loro essere, la lingua.
Andrej è una persona amabile e pacata, ha i capelli brizzolati e gli occhi azzurri color ghiaccio, si mostra molto amichevole e interessato a conoscerci, nonostante si colga la sua stanchezza di questi mesi passati.
Gli domandiamo cosa ne pensi di tutto ciò che sta accadendo al suo Paese e lui ci risponde in un modo che ci ha lasciati piacevolmente sorpresi.
“Ho vissuto per 10 anni a Mosca dove ho studiato e incontrato mia moglie. In questi anni ho conosciuto tante persone che ad oggi sono ancora miei cari amici. Loro sono contrari a questo conflitto ma non possono opporsi pubblicamente, né attraverso proteste/manifestazioni né sui social, finirebbero arrestati. I miei amici non hanno avuto la possibilità di lasciare il Paese perché sono dei potenziali candidati all’arruolamento”.
Andrej ci spiega che a differenza della Russia, qui in Ucraina, gli uomini fino a qualche mese fa avevano la possibilità di poter uscire dal Paese e che infatti ha degli amici connazionali che si sono spostati altrove insieme alla famiglia.
Alla fine della sua replica, con fare sconsolato ma deciso, afferma: “Ovviamente sono affranto dal fatto che il mio Paese sia in guerra, ma sono altrettanto dispiaciuto per i miei amici russi che fin dall’inizio di queste ostilità non hanno avuto nemmeno la possibilità di scegliere cosa fare della loro vita; nella sfortuna di vivermi tutto questo, sono fortunato ad essere da questa parte del conflitto”.
La sua risposta mi ha colpito, per qualche secondo restiamo in silenzio.
Nonostante questo conflitto lo abbia allontanato dalla sua famiglia, gli abbia fatto lasciare il lavoro e lo stia portando allo stremo delle forze cercando di aiutare la sua gente, ha comunque la forza e la lucidità di rendersi conto che in una guerra non ci sono solo buoni contro cattivi, ma ci sono vittime da ambo le parti.
Solidarietà e vicinanza verso le persone, è questo che lo spinge ad andare avanti giornalmente e che lo allontana dal covare odio e rancore sommario verso la popolazione russa.
Mi stupisce il fatto che un pensiero così profondo e genuino arrivi ad averlo una persona immersa in tutta questa situazione in prima persona, mentre in altre parti del mondo ci siano persone che non riescono ad avere la stessa perspicacia nel differenziare le persone coinvolte.
Per i più è facile generalizzare in queste situazioni di conflitto, schierandosi da una parte o dall’altra, senza nemmeno cercare di comprendere realmente il contesto.
Io però non voglio fare parte della maggioranza, non voglio conformarmi ad una idea superficiale e fare una scelta semplice solo perché è quella più facile.
Io voglio stare con Andrej, voglio essere con le VITTIME e fargli sapere che non sono sole.

GC