Una classica domenica a Mykolaiv

Ci svegliamo verso le 8.30 e dopo una rapida colazione io e Arianna decidiamo di  andare a sgranchirci le gambe facendo un rapida passeggiata nei dintorni del centro.
Sono solo le 9 del mattino ma il sole scalda i nostri corpi ancora intorpiditi.
Ci scambiamo qualche parola ma camminiamo in silenzio.
Osservo quello che mi circonda: un benzinaio, un mendicante fuori da un supermercato, alti alberi ai bordi delle strade che creano una piacevole ombra.
Arriviamo ad un parco, in lontananza giochi per bambini sono separati da noi da un complesso sistema di trincee.
L’erba, che a maggio cresce alta velocemente, mi inganna e nasconde ciò che forse non avrei voluto vedere: un parco cittadino trasformato in un campo di guerra.
Seguo Arianna e mi infilo in stretti cunicoli scavati nel terreno, sento brividi percorrermi tutto il corpo.
Erano pronti a tutto quando il fronte era solo ad una decina di kilometri da qui: a combattere per difendere anche solo un isolato della loro città.
Il mio corpo non capisce, non accetta.
Risaliamo in superficie.
Un bambino scende sorridendo dallo scivolo.

Le mie smorfie si trasformano in sorrisi.
Penso tra me e me che forse suo padre si trova in una trincea come quella che ho appena percorso.
Piccoli momenti felici contagiano l’atmosfera, assorbo il cielo sereno e dopo un profondo respiro mi incammino con Arianna verso il centro dove assistiamo alla celebrazione delle 10.
Ora sono seduta sul divano del salone del rifugio dove vivo da due settimane con gli altri volontari della colomba.
È sera e nella mia testa scorrono veloci le immagini della giornata trascorsa.


Mi lascio cullare dal suono dolce della chitarra di M. e intuisco sorridendo gli sforzi di Arianna di stare a tempo.
Chi l’avrebbe mai detto che l’esperienza in Ucraina portasse ad imparare a suonare uno strumento? Abbiamo addirittura provato a suonare la batteria…
Noto con gioia come ogni giornata qui sia piena di sorprese e cambi di programma.
Ogni incontro ci regala emozioni nuove, impensate.
Sono partita per stare: per entrare in relazione con le persone, per abitare gli spazi, vivere dentro alle situazioni.
La voce calma e gentile di M. accompagnata dal suono deciso della chitarra mi riporta col pensiero alle notti in Italia passate a cantare e suonare tra amici.
Da quanto e per quanto M. non potrà farlo?
Dagli occhi di questa giovane ragazza si percepisce la fatica e la stanchezza di vivere da un anno e mezzo sotto le bombe.
Questo pomeriggio, dopo la celebrazione, siamo andati con M. e altri giovani ragazzi che frequentano la chiesa evangelica a prendere un caffè in centro.
Sui loro volti ho notato sorrisi incontenibili e sguardi quasi commossi nel vedere le vie piene di famiglie e giovani, bar e negozi aperti, stand di animazione per bambini nelle piazze.
Con gli occhi che brillano ci dicono che è la prima volta da quando è iniziata la guerra che vedono la loro città così viva.
La voce di artisti di strada diffonde una sensazione di normalità negli animi delle persone.
L’estate sta arrivando e le persone non vedono l’ora di viverla!