VISIT PALESTINE: CARTOLINE DAI TERRITORI OCCUPATI / 6

Al Hadidiya – Sfruttamento delle risorse idriche nella valle del Giordano

Un furgone in movimento.
Taniche che sbattono ad ogni buca.
Il copricapo tradizionale sulla testa.
Abu Saqr si avvia per fare rifornimento d’acqua per la sua famiglia e il bestiame.
Primo checkpoint.
Si ferma.
Controllo dei documenti.
Riparte.
Secondo, terzo checkpoint.
Di nuovo.
Soldati che si avvicinano, ispezionano il veicolo, controllano i barili uno ad uno, scrutano il volto dell’uomo.

Il sole estivo batte già forte nonostante sia ancora mattina.
20 km.
Abu Saqr finalmente riesce a fare rifornimento d’acqua.
Ora però bisogna tornare indietro.
La storia è la stessa.
Altri 20 km.
Una volta a casa la famiglia lo aiuta a scaricare le taniche e la moglie lo attende con il tè pronto.
Abu Saqr si siede e si asciuga il sudore dalla fronte.
Attorno alla loro tenda la terra è secca, arida.
Nessun albero sotto cui ripararsi dal caldo torrido.
L’acqua sarà sufficiente a malapena per la sua famiglia e per le capre.
Il pozzo di famiglia è inutilizzabile, ma Israele non ne autorizza la riparazione.
Eppure il paesaggio che si estende poco più in là è atrocemente diverso.
Dalla tenda si scorge la colonia di Ro’i, ombreggiata da una ricca vegetazione.
La terra su cui si erge era della comunità di Abu Saqr.
Così come l’acqua che rende rigogliose le sue piantagioni.
Quel verde riapre ogni giorno la ferita dell’ingiustizia subita.
La casa e l’ovile di Abu Saqr sono state demolite diverse volte nel corso degli anni.
Eppure la famiglia rimane lì, la casa la ricostruiscono ogni volta.
40km e le angherie ai checkpoint solo per comprare l’acqua.
Restano lì.
Resistono lì.
E lo fanno con fierezza, di fronte a quel palese insulto, ogni giorno, sotto ai loro occhi.

Al-Hadidya è un villaggio palestinese nel nord della Valle del Giordano, dove la gente vive di agricoltura e allevamento. La colonia di Ro’i è stata costruita sulle terre del villaggio. Il confronto tra le due comunità mette in luce l’impatto della politica discriminatoria e di sfruttamento delle risorse idriche da parte di Israele in area C, in completa violazione del Diritto internazionale.
Circa il 90% della Valle del Giordano è designata come area C, con accesso limitato alla terra e alle risorse naturali per le comunità palestinesi. Sebbene sia un’area molto fertile, da decenni i palestinesi soffrono di carenze idriche e lottano quotidianamente per condurre le proprie attività agricole e di pascolo e per la loro stessa sopravvivenza.
Israele ha monopolizzato e sfruttato, in alcuni casi fino all’esaurimento, le risorse idriche dell’area. Buona parte dell’acqua estratta dalla compagnia nazionale Mekorot, in particolare nella Valle del Giordano, è destinata senza limitazioni alle colonie.
Una delle stazioni di pompaggio di Mekorot, costruita su terra di al-Hadidiya, reindirizza l’acqua ai vicini insediamenti di Ro’i, Beka’ot e Hamdat.
Le politiche e pratiche israeliane in area C, tra cui il regime dei permessi di costruzione e l’espansione coloniale, impediscono ai palestinesi di accedere e sviluppare le proprie risorse d’acqua. Non solo è impossibile realizzare nuovi sistemi idrici, ma non viene concessa neppure la riparazione dei pozzi già esistenti.
Nel 2016 e nel 2017 le forze israeliane hanno demolito una conduttura, progetto finanziato da organizzazioni internazionali per portare l’acqua al villaggio.
I residenti Al-Hadidiya, come gran parte delle comunità nella Valle del Giordano, sono costretti a dipendere dall’approvvigionamento con cisterne e dalla raccolta di acqua piovana.
L’acqua dei serbatoi costa dieci volte tanto quella della rete. A questo onere, si aggiungono i costi di trasporto.
Mentre i residenti di Al-Hadidya sono privati delle proprie fonti d’acqua, i coloni gestiscono un allevamento di pesci e coltivano piantagioni di fiori, datteri e pomodori.