VISIT PALESTINE: CARTOLINE DAI TERRITORI OCCUPATI / 8

Burin – Violenza dei coloni

Siamo fuori dalla zona che è appena stata dichiarata area militare chiusa, fissiamo i militari dall’altro lato della strada e ci assicuriamo che Abu Salem possa continuare a raccogliere le olive nel suo uliveto.
Improvvisamente un rumore forte alle nostre spalle. Mi giro di scatto.
Non faccio in tempo a realizzare che quello che ho appena sentito è uno sparo che inizio a correre seguendo gli altri.
Ci fiondiamo nella macchina che inizia a sfrecciare sulle vie del villaggio di Burin e non appena rallenta saltiamo letteralmente fuori dall’abitacolo con ancora il motore acceso.
Entriamo nell’uliveto e corriamo verso le grida che sentiamo in cima alla collina.
Non so dove sono, non so verso cosa sto correndo, non so cosa aspettarmi ma continuo a correre.

Vediamo dei ragazzi “Tornate indietro! Sono armati!”.
Ci scambiamo un rapidissimo sguardo e riprendiamo a correre.
Poi li vediamo, davanti a noi, una quindicina di coloni.
Mi blocco.
Sono lì, proprio sopra di me, schierati, uno accanto all’altro a scagliare pietre contro i proprietari della terra, come fossero una macchina da guerra.
Sento urlare il mio nome e ritorno alla realtà.
Non so cosa fare, non so dove andare.
Continuo a guardarmi intorno fino a quando vedo due palestinesi soli alla mia sinistra e decido di raggiungerli.
Nel pezzo di terra che ci separa dai coloni divampa un incendio e il fumo nero inizia ad alzarsi coprendoci completamente la visuale.
È tutto confuso, non vedo nulla, tutti urlano, i sassi cadono come una pioggia violenta sfiorandoci e cadendo a terra accanto a noi.
Intravedo un colono che estrae una pistola.
Ci nascondiamo dietro un cespuglio ma i sassi ci passano attraverso.
Realizzo in quel momento che non vogliono spaventarci, vogliono farci del male.
Corro verso il basso seguendo i palestinesi, poi, tra le urla che si coprono l’un l’altra, sento gridare il mio nome e corro verso quella voce amica che mi chiama.
Una volta raggiunta mi butto a terra nascondendomi dietro ad un muretto.
Sento che sto per crollare: le mie gambe e le mie mani iniziano a tremare, ho la nausea, gli occhi si riempiono di lacrime, il respiro si fa affannoso e il cuore batte all’impazzata.
Vorrei solo accoccolarmi a terra e piangere, vorrei gridare e liberarmi di quella paura che mi paralizza, vorrei chiudere gli occhi e risvegliarmi da questo incubo, perché quello che sto vivendo non può essere reale.
Sentiamo uno sparo e ci schiacciamo ancora più al terreno.
Più nascosto rispetto agli altri c’è un colono che, con quello che mi sembra un fucile di precisione, spara verso il gruppo di palestinesi che è appena sopra di noi.
Vedo il gruppo sparpagliarsi dietro gli alberi e tra di loro vedo un viso amico.
Parte un altro colpo e mi si gela il sangue nelle vene.
Grido il suo nome con una voce che non riconosco.
Sono terrorizzata, percepisco la paura in ogni fibra del mio corpo.
Gli spari continuano e io continuo ad urlare il suo nome fino a quando non mi raggiunge.
Io non conosco la guerra, non so cosa significhi temere per la mia vita e quella degli altri -amici e non-, pensare che una persona possa essere ferita o uccisa davanti a me.
Non lo so, ma oggi, credo che forse un po’ io l’abbia capito.

In Cisgiordania attacchi violenti da parte dei coloni israeliani contro i palestinesi sono all’ordine del giorno.
La violenza dei coloni rientra nella logica della politica di espropriazione delle terre palestinesi così da garantire l’espansione del controllo israeliano nei Territori Occupati.
La protezione, in termini di agevolazioni fiscali, investimenti, connivenza, mancate indagini e insabbiamenti, che Israele fornisce ai coloni non fa altro che aumentare la loro continua violenza contro i palestinesi.
Alcuni degli insediamenti più violenti si trovano nell’area di Nablus, dove sorgono la colonia di Yitzhar e i suoi otto avamposti satelliti, l’avamposto di Giv'at Ronin, la colonia di Har Brakha e la colonia di Itamar, roccaforti della destra nazionalista.
La frequenza e il livello di violenza degli attacchi che provengono dai coloni che vivono in questi insediamenti ha completamente devastato la vita quotidiana delle comunità palestinesi dell’area.