VISIT PALESTINE: CARTOLINE DAI TERRITORI OCCUPATI / 12

Vandalismo dei coloni ai danni di proprietà palestinesi

Jaber è accanto al suo trattore in cima alla collina.
È da poco sorto il sole ma a differenza delle altre mattine Jaber non sta apprezzando l’alba.
Davanti a lui si estende il suo uliveto, appartenuto alla sua famiglia da generazioni, una terra che fino a ieri era viva, piena di vita e resistenza e che adesso è solo un campo devastato: la gran parte degli alberi sono rotti, i tronchi centenari tagliati, i rami spezzati.
Il dolore che prova è quasi fisico tanto da percepire il cuore spezzato.
Quest’anno non potrà raccogliere nulla, non potrà riunire la sua famiglia durante la raccolta, non potrà portare le olive al frantoio, non potrà festeggiare la fine della raccolta e gustare insieme ai suoi cari il suo olio, non lo potrà vendere.

Non potrà far nulla di tutto ciò perché non c’è niente da raccogliere.
Osserva il suo campo privo di vita, e rabbia e dolore iniziano a crescere dentro di lui.
In quel campo c’era tutta la sua vita, passato, presente e futuro: lì era racchiusa la storia della sua famiglia, le sue giornate e il futuro dei suoi figli; quegli alberi erano il risultato tangibile della resistenza dei suoi genitori, dei suoi nonni prima di loro e delle generazioni passate.
È come se qualcosa si fosse rotto dentro di lui.
Il legame con la sua famiglia, con la sua storia, prima era qualcosa di concreto perché lo rivedeva e percepiva in quegli ulivi millenari.
Ora non c’è più niente.
Come può qualcuno scegliere di rompere qualcosa di così prezioso?
Con quale diritto qualcuno decide di cancellare la storia e l’identità di una persona?
Jaber non riesce nemmeno a muoversi, fissa il suo campo e dentro di lui percepisce solo il vuoto.
Squilla il telefono e solo nel momento in cui fa per rispondere nota i segni lasciati dalle unghie nei suoi palmi: era rimasto con i pugni serrati per tutto il tempo senza che neanche se ne fosse accorto, e così era rimasto pietrificato tra la rabbia e il dolore.
Inizia a camminare tra gli ulivi spezzati e piano piano raccoglie i rami abbattuti per ripulire il campo.
Domani dovranno piantare nuovi ulivi.

L’ulivo è una delle principali colture agricole nei territori palestinesi, dove è coltivato principalmente per la produzione di olio d’oliva. Gli alberi di ulivo assumono un significato più che economico nella vita dei palestinesi poiché sono resistenti alle siccità e sono capaci di crescere anche quando il suolo è in cattive condizioni. Rappresentano la resistenza e la resilienza palestinese.
È stato stimato che la produzione di ulivi rappresenti il 57% della superficie coltivata. La produzione media annua stimata degli ulivi è di 100.000 tonnellate di olive che producono 24.000 tonnellate di olio, che costituiscono circa il 15% del reddito agricolo della Palestina (1,4% del PIL).
Circa 80.000 famiglie dipendono dalle olive per il proprio reddito primario.
Nel corso del 2019 sono stati vandalizzati 10.703 alberi di ulivo, un trend in netto aumento rispetto agli anni passati.