VISIT PALESTINE: CARTOLINE DAI TERRITORI OCCUPATI / 15

Ein Rashash – Aree vietate ai palestinesi

Bilal, seduto accanto a suo figlio, osserva il gregge pascolare.
È ormai pomeriggio quando riconosce il rumore della jeep dell’esercito che si spegne.
Quasi contemporaneamente due coloni con il loro gregge scendono dal pendio dell’avamposto di Malachei Ha Shalom, appena sopra di loro.
Coloni e militari si fanno un cenno di saluto.
Le greggi si disperdono e iniziano a pascolare.
Tre militari si avvicinano a Bilal.
Uno dei tre chiede di mostrare il permesso per pascolare su quella terra: quella è un’area di addestramento militare il cui accesso è vietato senza autorizzazione.
Bilal un tempo  aveva provato a chiedere l’autorizzazione ma gli era sempre stata negata.
Già era assurdo dover chiedere un permesso per accedere alla propria terra, ancora più assurdo che questo permesso non fosse rilasciato per “ragioni di sicurezza”.

Bilal, da quando ha memoria, però non aveva mai visto né sentito nessun training militare in quell’area.
Quella è la terra della sua famiglia, è l’unico posto della zona adatto al pascolo, oltre a quella terra non ci sono alternative: sarebbe costretto a comprare il mangime, che comporterebbe un impegno economico che alla lunga non sarebbe in grado di sostenere.
Suo figlio, che per tutto il tempo è stato accanto a Bilal, fa un passo verso i militari.
Imperterrito chiede il perché: perché dichiarare l’unico terreno adatto al pascolo della zona area di addestramento militare senza, peraltro, che sia mai stato utilizzato per l’addestramento? Perché cacciare dei pastori dalla loro terra e indurle ad abbandonare le proprie case? Nessuna delle sue domande riceve una risposta.
I militari danno ordini, non spiegazioni.
A questo punto le opzioni sono due: andarsene o essere arrestati.
La giornata di pastorizia è terminata, se i soldati e i coloni non fossero arrivati se ne sarebbero andati comunque.
Così Bilal richiama il gregge e invita suo figlio a seguirlo.
Se ne vanno accompagnati dalla minaccia di essere arrestati, se fossero tornati su quella terra, la loro.
Nel tragitto verso casa restano in silenzio, solo il rumore del gregge in movimento.
Bilal mette una mano sulla spalla del figlio e cerca il suo sguardo.
Riconosce una scintilla che gli illumina gli occhi.
È una scintilla che aveva visto molte volte negli occhi dei suoi genitori, di sua moglie, dei suoi fratelli, di tutta la sua comunità.
È la scintilla della determinazione, dell’amore per la propria terra e storia, del sacrificio, della speranza, della sofferenza, del desiderio di cambiamento.
È la scintilla della resistenza.
Non c’è bisogno di dire nulla.
Domani torneranno al pascolo, anche a rischio di essere arrestati.

L’ area C costituisce circa il 60% della Cisgiordania, di cui il 30% è definito “area di addestramento militare”.
Si tratta di aree vietate ai palestinesi destinate ai training dell’esercito israeliano, tuttavia si stima che circa l’80% di queste aree non siano utilizzate per l’addestramento.
Zone interdette ai palestinesi sono anche le riserve naturali e i parchi nazionali che occupano circa il 6% dell’area C, e le cosiddette “terre di Stato” che ricoprono circa il 22%.
Per “terre di Stato” si intendono, da una parte, i terreni che appartenevano al governo giordano e trasferiti alle autorità israeliane nel 1967, dall’altra, terreni dichiarati come tali da Israele dopo il 1967.
Complessivamente circa il 60% dell’area C è chiusa ai palestinesi, a meno che non si ottengano permessi speciali da parte dell’autorità israeliana, che li concede molto raramente.
Tuttavia, anche nel restante 40% Israele limita ogni possibilità di vita e sviluppo delle comunità palestinesi, approvando molto raramente le richieste di permessi di costruzione.
In contrasto alla politica restrittiva riservata alle comunità palestinesi, gli insediamenti israeliani sono finanziati dal governo e in continua espansione e viene incentivata la loro crescita.