I fiori di Ventimiglia

Italia

La strada scorre diritta davanti a noi, afosa, asfaltata come i raggi caldi di questo inizio di finesettimana di Luglio. Segnali di una estate dura e secca che si distende sul nostro cammino e su quello di centinaia di migliaia di esseri umani, che ogni giorno, ora, si mettono in movimento per oltrepassare un confine.

 

Mentre la Kia Picanto rossa sfreccia in autostrada tutto intorno il paesaggio inizia, gradualmente a mutare e a trasformarsi. La strada che porta fuori Torino scende gradualmente verso le colline di Cuneo, Alba, Fossano, Marene. Piccole cittadine che nel loro piccolo hanno inciso nel loro sangue una parte della storia del nostro Paese, durante la Seconda Guerra Mondiale, anch’esse oggi sono immerse tra le onde di questo calore. Adagiate tra le colline come gatti in cerca di riposo sui muretti.

Avvicinandosi al mare cambia anche l’aria, che diventa meno umida e più salata, si aprono sul percorso scogliere e strapiombi. Chilometri e chilometri di gallerie, mentre tra il traffico e i clacson degli automobilisti vacanzieri e lavoratori imbocchiamo lo svincolo che da Savona conduce verso l’estrema frontiera ad ovest dell’Italia, la storica città di Ventimiglia.

Ai nostri lati con la coda dell’occhio riesco a scorgere diversi tipi di fiori e cespugli colorati che strizzano l’occhio ai passanti. Ricordi blu intensi, rossi e gialli. Vita che germoglia ai lati del cammino.

C’è un’altra vita che incontriamo oggi, insieme a quella dei fiori, la vita dei migranti, dei camminanti, di quelli che alcuni preferiscono chiamare lavoratori internazionali. Esseri umani che hanno lasciato alle loro spalle nazioni corrotte, violente, dittatoriali. Persone che hanno nella mente ricordi di guerra e nel cuore una profonda ed indelebile nostalgia di una casa, di un luogo degno di essere chiamato come tale.

Sul Ponte San Ludovico il colpo d’occhio è immediato, dall’altra parte della nuova barriera doganale si scorgono le città francesi, una tra tutte Mentone. Proseguendo su questa strada statale si arriverebbe a Roque Brune Martine, Monaco, Nizza, città benestanti lontane dalla quotidianità di questa gente, che appaiono come un miraggio nel deserto. Eppure nell’aria a ponte San Ludovico non si respira rassegnazione, ma desiderio. Sotto i Balzi rossi, sotto gli storici sentieri dei contrabbandieri, si scrivono delle nuove storie.

Storie a volte di vita, a volte di morte, come i due corpi di migranti uccisi da un treno trovati lo scorso anno nelle gallerie della ferrovia parallela all’autostrada. Nomi e volti che non abbiamo potuto o voluto conoscere.

Se le storie si incontrano la Storia si fa memoria, come chi nel presidio permanente di solidarietà “No Borders” ricorda come su quei sentieri lassù in alto negli anni ‘40 ci passassero gli antifascisti in fuga dal regime brutale e violento di Mussolini, e poi ancora le famiglie di ebrei in fuga dalle persecuzioni razziali. Storie e vicende di fughe e a volte di tradimenti, come quei passeur che garantivano un passaggio in Francia per poi consegnare i gruppi di persone alla Polizia politica, o per lasciarli allo sbando tra rovi e gole secche.

Gli scogli appaiono piegati dall’ingiustizia, rocce su cui si sono sistemate nel corso delle settimane centinaia di persone, tra tende, materassi e ricoveri improvvisati. Sono pugni negli occhi le Ferrari, le Maserati, le Lamborghini e le Jaguar che arrivando o andando verso la frontiera rallentano passando in prossimità dei migranti. Sguardi a volte di pietà, a volte di disprezzo, a volte di indifferenza. Uno spicchio di una parte di questa Europa, che fa fatica ad accettare i cambiamenti e le mutazioni di certi privilegi.

Un flusso di persone, ecco come descriverei questi migranti, un flusso che va e che viene, come un rivolo d’acqua, che cerca sempre strade e passaggi per scendere al mare. Un flusso che batte la pietra dura dei blocchi stradali delle polizie italiane e francesi, che batte e ribatte inarrestabile nel suo complesso.

Questo flusso ha gli occhi di ragazzi e uomini prevalentemente del Sudan e dai Paesi dell’Africa Orientale, occhi neri e profondi come il mare.

Non si riescono a dimenticare facilmente, a volte fatichi a ricordare i nomi, le vicende raccontate, ma gli occhi quelli no. Non ci si riesce, sono sguardi che contengono emozioni diverse: attesa, stanchezza, desiderio. Sono occhi che hanno imparato ad attendere il momento giusto, in cui ad ogni ora del giorno e della notte riesci a scorgere il riflesso della luce, della vita.

Italia, Europa, di cosa avete paura? Di farvi curare?. Ricordo le parole di un anziano missionario di Torino, che affermava che questi spostamenti di milioni di esseri umani cambieranno la storia e cambieranno le nostre società. In meglio.

Per potere vedere questi cambiamenti tuttavia c’è bisogno di tempo, di decenni forse. Potrebbero essere cambiamenti che vedranno i figli di oggi, ma arriveranno, perché sono inarrestabili. Saranno cambiamenti che avranno scritto nel dna tragedie e atti di coraggio, sconfitte e vittorie.

“We are not going back – Indietro non torneremo”.

I ragazzi e le ragazze italiani che hanno creato il presidio di solidarietà sono forti ma stanchi, temprati da più di venti giorni di lotte e di azioni concrete per impedire che alla dignità venissero fatti fare troppi passi indietro. Sono giovani che abitano le città della costa ligure da Ventimiglia fino a La Spezia, che hanno mediato e camminato insieme ai migranti.

Al punto della Croce rossa Italiana si fermano in tanti, anche questo è un flusso continuo, soprattutto durante il pomeriggio. Sono cittadini italiani, francesi con le famiglie e i bambini, che si fermano e portano generi di conforto. Fanno domande e foto per denunciare la situazione anche nel loro Paese. Un Paese, la Francia che nonostante sia nato per combattere l’ingiustizia dell’Assolutismo dei Re, oggi rimpatria in Italia i richiedenti asilo anche da Marsiglia, Nizza, Calais, Parigi. Al posto di blocco della frontiera nelle macchine il primo controllo che viene fatto è sul colore della pelle, bianco va bene; nero fa fermare per un controllo aggiuntivo.

“We are not going back – Indietro non torneremo”.

Le persone. I Liguri che si sono mossi per aiutare i migranti non lo hanno fatto spinti da una motivazione politica, non tutti almeno. Lo hanno fatto per una questione di dignità, perché se le merci e i servizi possono girare liberamente per l’Europa, non è possibile che sia dato meno valore ad un essere umano. Un essere umano che respira, che cammina, che parla, che piange, a differenza di una lavatrice prodotta in Germania.

Sono occhi azzurri che incontrano occhi neri, e ne rimangono colpiti e legati. Fiamma è delle infermiere della Croce Rossa che si prende cura dei ragazzi come una madre, dalle medicine al cibo, perché? “Perché più avanti forse non ci sarà più qualcuno che si preoccupa per loro, e si prenda cura delle loro necessità”.

Di notte la luna fa bianca una striscia di mare, c’è una calma apparente. Le persone provano a riposare dopo il digiuno diurno del Ramadan e pensano, studiano, riflettono.

Passa una vela, spingendo la notte più in là.

“We are not going back – Indietro non torneremo”.

Ale