LA DIGNITA’ DI UN UOMO NEGATA DA UN FOGLIO

LA DIGNITA’ DI UN UOMO NEGATA DA UN FOGLIO

Però si mangia bene, in Italia…Se solo non ci fossero quelle file di extracomunitari fuori dalla Questura…ma cosa ci fanno qui alle 8 del mattino? Si cercassero un lavoro, ‘sti delinquenti! Bisognerebbe imbarcarli tutti e chi s’è visto s’è visto!

Questo è ciò che pensa la maggior parte degli italiani che passa di buon mattino davanti alla Questura in una qualsiasi città e, portando istintivamente la mano al portafogli nella tasca posteriore o alla chiusura della borsetta, osserva intimorito le lunghe file di immigrati!
Probabilmente costoro non hanno mai perso intere giornate negli uffici pubblici, provando a districarsi nel dedalo della famigerata burocrazia italiana, alla ricerca di informazioni e documenti essenziali per poter ottenere il permesso di soggiorno.
Ebbene, l’italiano che avesse avuto “l’onore” di vivere una tale esperienza per un qualsiasi motivo ora non si permetterebbe di certo di giudicare gli immigrati in fila davanti alla Questura; anzi proverebbe compassione e rispetto per queste persone e dispiacere, se non vergogna, di essere italiano.
Questi sono i sentimenti che abbiamo avuto la “fortuna” di provare dopo esserci scontrati contro l’inefficiente sistema dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Padova. Siamo due studenti dell’Università di Padova che hanno accompagnato più volte all’ufficio Immigrazione un’amica straniera, al fine di aiutarla nella traduzione; infatti, per assurdo, pare che non ci sia personale traduttore disponibile.
Z. è una studentessa cinese al primo anno di Scienze Politiche, che si è recata più volte in Questura per risolvere un problema apparentemente semplice: richiedere che fosse la Questura di Padova ad occuparsi del rilascio del suo permesso di soggiorno, anziché quella di Perugia, città in cui la ragazza viveva e studiava precedentemente. Evidentemente ciò che appariva semplice in realtà non lo era a causa del “trattamento” riservato agli stranieri negli uffici.
In breve, la storia burocratica di Z. è così riassumibile: giunta a Perugia nel marzo 2007 per il progetto di scambio universitario “Marco Polo”, la ragazza ha fatto richiesta del permesso di soggiorno due giorni dopo il suo arrivo in Italia; solo a settembre (dopo sei mesi) Z. ha ricevuto risposta, l’iter era stato avviato ma necessitava di altri documenti, da consegnare a Perugia in occasione della successiva convocazione, fissata per gennaio 2008 (dopo dieci mesi!!!). Nel frattempo però, Z. si è trasferita a Padova, per poter frequentare i corsi universitari. E qui inizia un’odissea comune a molti, fatta di giorni persi in Questura, alle prese con informazioni frammentarie ed inconcludenti, orari di apertura degli uffici spesso non rispettati, impossibilità di ottenere indicazioni esaustive telefonicamente, etc.
Naturalmente Z. non è tuttora riuscita a districarsi tra i suoi problemi burocratici e non ha ancora ottenuto il trasferimento della pratica: ogni volta manca un documento di cui si ignorava l’esistenza; inoltre pare che serva andare di persona in Umbria per poter ottenere il trasferimento; pare, perché facendo un po’di pressione “all’italiana” si è scoperto che si potrebbe anche risolvere tutto via posta, con la solita incertezza che caratterizza queste informazioni. L’incapacità dell’ufficio di dare una risposta univoca e chiara sembra portare all’unica soluzione finale di doversi recare nuovamente a Perugia, dove non si sa ancora se la ragazza risolverà il suo problema.
Accompagnando Z. in Questura abbiamo avuto modo di parlare con gli immigrati in coda, in attesa di essere ricevuti per l’appuntamento fissato dall’Ufficio Immigrazione: Z. è solo all’inizio di un deleterio iter burocratico fatto di lunghe ore d’attesa, tra tanti altri immigrati, anche intere famiglie con bambini, tutti costretti ad aspettare all’aperto con qualsiasi condizione meteo. Ogni immigrato è in possesso di un modulo con data e ora fissate per l’appuntamento con l’Ufficio Immigrazione; osservando gli orari, si scopre che l’ufficio apre almeno due ore dopo l’ora del primo appuntamento: l’ufficio dovrebbe aprire alle 10,00, mentre gli appuntamenti iniziano alle ore 8,00, intervallati uno dall’altro di 2 minuti; per quanto si è visto direttamente, il personale ha iniziato a ricevere gli immigrati con un’ora di ritardo, ossia dopo le 11,00.
Perché gli appuntamenti sono fissati prima dell’orario di apertura dell’ufficio? E’stato proprio un poliziotto a fornire la risposta: è un computer che stabilisce gli orari degli appuntamenti, scaglionandoli automaticamente ogni due minuti. Possibile che non si riesca a sincronizzare il computer con l’apertura dell’ufficio? Tale inefficienza allunga le code e il nervosismo degli immigrati, costretti a perdere giornate di lavoro o di studio.
Le persone che giudicano questi immigrati sarebbero disposte a sopportare gli stessi trattamenti ed ingiustizie? Avrebbero così tanta voglia di perdere ore lavorative? Tutti gli italiani dovrebbero riflettere e soprattutto conoscere queste realtà prima di giudicare un extracomunitario senza permesso di soggiorno; forse comprenderebbero che la colpa spesso è da ricercare non nella scarsa volontà dello straniero, ma nella illogicità della nostra burocrazia.
Noi ci reputiamo una società civile, ma ciò non si rispecchia nel trattamento riservato agli immigrati; l’Italia è una delle porte d’Europa, qui giungono flussi migratori dall’Africa e dall’Est, migliaia di persone all’anno. Tuttavia non siamo capaci di agire efficientemente e nel rispetto dei diritti umani per far fronte alla situazione, è più comodo fermarsi al pregiudizio, ostacolando così l’integrazione e ancor prima la regolarizzazione degli immigrati.
Per comprendere meglio di quali diritti e quale giustizia si parla, basta recarsi in Questura una qualsiasi mattina ed osservare ciò che accade. Non tutto va per il meglio in Italia…però si mangia bene!
 
F. & C.