Testimonianza di Silvia – Vicenza 21 ottobre 2020

Dal 24 al 30 ottobre si è celebrata in tutto il mondo la Settimana internazionale per il Disarmo, indetta nel 1978 delle Nazioni Unite. La Comunità Papa Giovanni XXIII ha proposto, la sera del 21 di fronte alla base Del Din (Vicenza), un momento di riflessione e preghiera per la pace.
Ha portato la propria testimonianza Silvia, volontaria di Operazione Colomba che, da oltre 6 anni, accompagna e sostiene la resistenza nonviolenta della Comunità di Pace di San José de Apartadó, in Colombia. Riportiamo di seguito il suo intervento.

Mi chiamo Silvia, sono vicentina.
Parto nel 2011 per la Colombia per la prima volta.
Esperienza breve, due mesetti.
Parto nel 2012 per il Cile, progetto “Caschi Bianchi”, Servizio Civile all’estero con Apg23.
Esperienza più lunga questa che mi porta a condividere la quotidianità con bambini e bambine, ragazzi e ragazze vulnerabili, in stato di abbandono, poveri, vittime di violenza e abitanti in quartieri dove le armi e la droga dettano le regole.
Un anno con loro.
Io italiana in Cile, quella lunga striscia di terra sudamericana, Paese bellissimo e ricchissimo ma con una disuguaglianza esasperata creata dal modello economico neoliberale.
Non avevo nulla da portare in Cile.
Valigia vuota.

Abbiamo provato a condividere quei valori cari anche alla nostra Repubblica, in particolare quelli legati alla pace e alla tutela dei Diritti.
E’ bello ricordare quell’esperienza proprio in questi giorni in cui è arrivata la buona notizia (dopo numerosi appelli scritti da vari Enti) dello stanziamento di 400 milioni in più per il Servizio Civile per i prossimi due anni.
Rimane comunque grande preoccupazione nel sapere contemporaneamente che quest’anno le spese militari raggiungeranno la cifra record di 26.3 miliardi.
Questi numeri fanno rabbrividire, soprattutto dopo che la tua vita incrocia per 7 lunghi anni la vita delle vittime di uno dei più lunghi conflitti armati della storia: la guerra civile in Colombia.
Infatti, rientrata in Italia dal Cile, dopo pochi mesi, nell’aprile del 2013, sono atterrata nuovamente in Colombia, come volontaria di Operazione Colomba, il Corpo Nonviolento di Pace di Apg23 che dal 1992 vive concretamente la nonviolenza in zone di guerra attraverso la condivisione diretta con le vittime del conflitto, la precarietà delle situazioni d’emergenza, le paure e i rischi della guerra.
Ho vissuto sino allo scorso marzo (quando son dovuta forzatamente rientrare a causa della pandemia), a fianco della Comunità di Pace di San Josè de Apartadò, un piccolo gruppo di circa 500 contadini e contadine che da più di 20 anni porta avanti una resistenza nonviolenta al conflitto armato colombiano per non perdere la propria terra e allo stesso tempo provare a costruire un nuovo mondo.
La costruzione della pace che oltre alla pratica quotidiana di forme nonviolente di relazioni e convivenza, vede la condanna permanente dell’uso della violenza.
La nonviolenza come strategia trasversale che prevede, tra le varie strategie, anche l’accompagnamento fisico internazionale: la presenza di volontari/e stranieri/e che camminano al loro fianco per disincentivare l’uso della violenza.
La presenza di giovani italiani/e che donano una parte della loro vita nella difesa nonviolenta, civili che entrano nei conflitti e che assieme alla popolazione locale costruiscono o accompagnano cammini di costruzione della pace.
Loro, hanno avuto il coraggio rivoluzionario di dire “basta” alle armi, alla guerra in un luogo dove quasi tutti hanno interesse ad alimentarla o sono costretti a subirla in silenzio.
Più di 300 persone sono state ammazzate dai vari gruppi armati che hanno cercato in tutti i modi di smantellare questa Comunità.
Il più piccolo, Santiago, aveva 18 mesi: sgozzato e il corpo fatto a pezzi.
La sua sorellina, Natalia, 5 anni, stessa fine.
La guerra è orrore.
L’ho visto con i miei occhi.
Non l’ho letto “solo” su articoli di giornali, non l’ho visto “solamente” su film e documentari.
La guerra è orrore.
Le armi uccidono, nessuna arma è stata e sarà creata per portare la pace.
Nessuna.
Io non ci sto, come cittadina italiana, ad essere complice di questo orrore.
Ma io, da sola, non mi salvo.
Come voi qui non vi salverete soli, come da soli, non si salveranno quei contadini e contadine.
Il futuro, o per meglio dire, il presente di questi contadini e contadine è intimamente legato alla solidarietà e alla pressione politica internazionale.
SOLIDARIETA’.
Per la loro resistenza, per la lezione di vita che ogni giorno offrono al mondo, per i martiri caduti, per il loro impegno costante ad oscurare il terrore con una forza ancora più grande, per la loro speranza nel non odiare l’assassino ma nel pretendere verità e giustizia, per il loro straordinario esempio di nonviolenza in un contesto terribilmente complicato di un conflitto armato, loro sono un patrimonio dell’umanità e io sono nessuno.
Non hanno mai inteso la pace come passività ma come un concetto esperienziale legato, sempre, alla rivendicazione dei propri diritti, alle esigenze di giustizia e verità.
Tutto questo in mezzo a continui massacri.
Non passa notte che prima di accostarmi non pensi a loro, alle persone profughe siriane in Libano, alle persone palestinesi e a tutti e tutte le persone che continuano a soffrire maledette guerre che spesso noi stessi alimentiamo.
Non sentiamoci tranquilli, non lo potremmo mai essere fin tanto che ci sarà ancora anche un solo morto provocato dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia.
Davanti a queste persone, io e noi tutti e tutte, non abbiamo nessuna scusa per rimanere inerti e silenziosi.
Dietro a quelle mura persiste la fabbrica della morte.
C’è bisogno di Pace, la gente continua a soffrire l’orrore della guerra.
Riprendendo le parole di papa Francesco:
“Basta!”: è una risposta senza equivoci verso ogni violenza.
Quel “basta!” di Gesù supera i secoli e giunge forte fino a noi oggi: basta con le spade, le armi, la violenza, la guerra!”.
Anche noi, ora, dobbiamo dire “Basta!” e agire.
Don Oreste diceva: “Gli uomini hanno sempre organizzato la guerra.
È arrivata l’ora di organizzare la pace”.
Mettiamoci in gioco, continuiamo a richiedere a gran voce al Governo italiano di bloccare tutte le forniture di armamenti ai Paesi in conflitto e dove si verificano gravi violazioni dei Diritti Umani, diciamo no al riarmo e no agli arsenali nucleari.
Come non gridare allo scandalo di fronte ad un bilancio NATO di circa 1000 miliardi di dollari di fronte alle vittime, alle ingiustizie sociali, alla devastazione dell’ambiente causata proprio dai vari conflitti?

Ha ribadito con forza il suo No alla guerra anche Papa Francesco nella sua ultima Enciclica: L’inganno è nel cuore di chi trama il male, la gioia invece è di chi promuove la pace. Tuttavia, c’è chi cerca soluzioni nella guerra, che spesso si nutre del pervertimento delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della diversità vista come ostacolo. La guerra non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante. Poiché si stanno creando nuovamente le condizioni per la proliferazione di guerre, ricordo che “la guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente”. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli. Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni.
Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace”.

Entrare in contatto fisico con la guerra conduce necessariamente a porsi molti interrogativi profondi e impegnativi dato che i sentimenti impediscono di affrontare i fatti e le persone con sguardo freddo e spassionato.
Rischiare la morte e la sofferenza in nome di valori che ho visto espressi in volti, racconti esistenziali, azioni.
Ho chiesto a Brigida, contadina colombiana, quasi 70 anni, una figlia uccisa e due fratelli uccisi, dove trovasse la forza spirituale per lottare ogni giorno in difesa della vita e del territorio.
Ed è stata proprio lei ad avermi dato uno dei più grandi insegnamenti, ad avere quella forza e quella speranza per camminare anche oggi in questo che è l’unico cammino possibile: “Se hai in mano un seme di mango, sapendo che al seminarlo ci vorranno molti anni prima di vederne il frutto, e forse tu quel frutto nemmeno lo vedrai mai, non lo semineresti comunque?”.
Silvia, Volontaria di Operazione Colomba – Apg23