Servono alla pace altre centinaia di morti, altri orfani, vedove, altre vittime, altro odio?

Riesplode (se mai era stata interrotta) la guerra in Palestina, a Gaza e nelle città del Negev.
Dopo la rottura della tregua da parte di Hamas, con il lancio di razzi sulle città israeliane vicine alla striscia di Gaza, l'esercito israeliano ha lanciato l'operazione “piombo fuso”: bombardamenti senza tregua con l'obiettivo di “metter fine ai lanci di razzi sulle città israeliane e di sradicare Hamas”.
Non è esclusa neppure l'invasione via terra.
Quasi 400 le vittime tra i palestinesi di Gaza e 4 morti in Israele causa missili, bilancio temporaneo che chiarisce i rapporti di forza.

E' una guerra che ci tocca da vicino, dato che con l'Operazione Colomba, il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, viviamo con le vittime di entrambe le parti nella guerra israelo-palestinese dal 2003; per un lungo periodo abbiamo vissuto anche a Gaza e abbiamo amici anche là, e perciò ci troviamo nella non invidiabile posizione di chi vuole stare a fianco di tutte le vittime, senza prendere parte se non per chi sceglie la pace costruita sulla nonviolenza.
Di fronte all'ennesima scelta per la violenza non vediamo futuro: è una profezia troppo facile dire che con azioni di questo tipo, facendo sempre nuove vittime, orfani e vedove, non si prepara un futuro di dialogo e che i traumi e le sofferenze non si guariscono causando traumi e sofferenze ad altri.
E' il momento del dolore e di dire con forza che nessuno (nessuno!) ha il diritto di fare la guerra, e che umiliando e ammazzando non si costruisce la pace.