Viaggio esplorativo in Albania

Il dovere di non lasciarli soli

Viaggio esplorativo in Albania Quanti pensieri, immagini, idee… sono troppi, non riesco a fare ordine… due settimane in Albania possono disorientare parecchio. Tornando a casa mi sento impotente e onnipotente, strano provare contemporaneamente queste emozioni… chissà come si sentivano le famiglie sotto vendetta dopo le nostre visite, speranzosi? Ancora più rassegnati? Divertiti? Svuotati? Giudicati? Fiduciosi? Mah… Il viaggio in Albania è stato fatto perché chiamati della missione in Albania della Comunità Papa Giovanni XXIII. Il motivo si chiama “Kanun”, un Codice giuridico tramandato oralmente dal Medioevo e attuato nei villaggi e cittadine delle montagne albanesi.

Durante il periodo comunista questo Codice (che regolava tutta la vita individuale, familiare, economica e sociale) fu abolito. Oggi è rinato ma si è trasformato e “rimpicciolito”. Gli unici Articoli che ancora sono in vigore sono quelli che disciplinano le pene per gli omicidi. Chi uccide incorrerà nella vendetta della famiglia dell’ucciso che pagherà la sua pena con la morte. Secondo il Kanun solo l’assassino poteva incorrere a vendetta ma oggi possono subire la vendetta anche fratelli, cugini e parenti dell’assassino.

Dinanzi alla legge ogni individuo maschio che nasce, è ritenuto come buono e uno non si distingue (in senso di preferenza) dall’altro. Il prezzo della vita dell’uomo è uguale sia per il sano come per il difettoso. Ognuno stima se stesso come buono e valoroso”.

Il Codice prevede che le famiglie in conflitto rinuncino alla faida (che, in alcuni casi, dura da 100 anni) e si riconcilino tra loro. Esistono i Mediatori (riconosciuti anche dallo Stato) che hanno l’arduo compito di intermediare e permettere rappacificazione tra le famiglie. Penso che l’affermazione: “Occhio per occhio, dente per dente” sia troppo riduttivo per descrivere questa terribile “tradizione”. Ci troviamo davanti all’orgoglio e all’onore di un popolo con una Storia densa di occupazioni straniere in cui l’unica soluzione per non assimilarsi agli invasori era rimanere attaccati alla propria cultura. Entrare nelle famiglie costrette a rimanere chiuse in casa per paura di incorrere in vendetta è stato davvero opprimente e difficile. È difficile non mettersi in posizione di giudice o di brava maestra che insegna come vivere meglio. È gravoso entrare nella sofferenza e nella solitudine da perfetta sconosciuta e straniera. È impossibile sentirsi a proprio agio seduti comodamente sui divani “semplicemente” ascoltando senza avere nulla di concreto da offrire. È scomodo guardare quegli occhi che implorano sicurezza ma ormai quasi rassegnati dopo aver accolto tante associazioni dispensatrici di illusioni. Penso a come potrei sentirmi in compagnia di chi “deve” vendicarsi. Probabilmente, in fondo, non devono provare sensazioni molto diverse dalla famiglia sotto vendetta. Quanta rabbia mischiata a dolore e impotenza, paura, angoscia, abbandono, debolezza, fierezza. Cosa cercano? Cosa vogliono? Di cosa hanno bisogno? Come? In che misura? Perché non scelgono la riconciliazione al posto della vendetta? Cosa possiamo offrire noi? Sono tutte domande che ci siamo posti… Tutte le persone a cui racconto questo viaggio e il progetto futuro mi fanno notare che, in effetti, non è che noi possiamo cambiare la tradizione albanese… come dargli torto? Ma ora, dopo aver visto, ascoltato, toccato con mano, quel che succede là, come potrei chiudere occhi e legarmi le mani? Non è stato un semplice viaggio… E’ stato un Incontro, un’accoglienza reciproca, un assumerci la responsabilità: ora sappiamo come vivono certe persone.
Non potremo certo cambiare la loro cultura ma abbiamo il dovere di non lasciarle sole.

Laura

Per info: l'Associazione Papa Giovanni XXIII in Albania

Viaggio esplorativo in Albania

(Foto di Giovanni Cobianchi)