Dal Niger Delta all'Italia

Il viaggio di Dan per il Diritto di Esistere

Dan ha 27 anni, è nato in Nigeria, nella regione del Delta del Niger. Il Niger Delta è una zona devastata da una guerra scoppiata nel 1992 a causa dello sfruttamento del petrolio da parte delle multinazionali. L'Eni è presente sul territorio da anni. All'età di 15 anni Dan  scappa con sua madre in Niger per sfuggire alla violenza e per cercare una possibilità di lavoro per sopravvivere. Sua madre lavora in un negozio dove frigge del pesce. Dan, nel frattempo, sta crescendo e le opportunità di trovare un'attività in quella povertà diminuiscono. Così  decide di partire di nuovo per cercare un posto in cui poter costruire e vivere un'esistenza normale.

Dan  attraversa il deserto del Niger a bordo di un camion pieno di persone. Alcune delle persone sedute in cima al camion cadono e sono  abbandonate lì senza possibilità di salvarsi. Dopo qualche giorno il camion arriva a Dirkou, nel nord del Niger e Dan è caricato insieme ad altre persone su una jeep. Dan beve la sua pipì per non morire di sete, assiste alla morte di 4 dei suoi compagni di viaggio e dopo 13 giorni arriva in Libia dove viene arrestato e imprigionato. Dan è picchiato più volte e vede alcune persone ammalarsi gravemente. Dan prova a scappare dalla prigione e con alcuni compagni ci riesce.

Dopo una fuga di 20 ore per sfuggire alle ricerche e agli spari dei carcerieri, arriva ad Al-Qatrun. Lì vive per un po' lavorando con altri nella raccolta dei legumi. Si sposta in un'altra città dove comincia a fare l'elettrauto ma la polizia inizia a raccogliere immigrati da portare via. Dan quindi scappa di nuovo fino a Tripoli. Ricomincia a lavorare come elettrauto senza essere pagato. I suoi datori di lavoro gli dicono che essendo cristiano non lo avrebbero pagato e gli suggeriscono di andare in un paese cristiano dove sarebbe stato meglio accolto.

Dan fugge di nuovo a bordo di una barca che dalle coste libiche avrebbe attraversato il Mediterraneo per approdare a Lampedusa. Durante il viaggio Dan vede altre barche come la sua, piene di persone, affondare. Dan arriva a Lampedusa nel settembre del 2007 ed è subito mandato a Crotone, dove riceve il foglio di via. Dopo 5 giorni sarebbe dovuto andarsene. Dan inizia a girare lungo la costa adriatica italiana e per più di un anno frequenta le spiagge e le città vendendo fazzoletti, calzini...che compra in alcuni negozi. Dan vende insieme ad altri ragazzi, mangia e dorme dove capita. Dan vede che gli italiani lo evitano e nota che trattano meglio i loro cani di lui. Dan è costretto a scappare dalla polizia anche se non ha commesso alcun reato perché teme di ricevere delle espulsioni in quanto privo di documenti.

Dan si chiede come è possibile commettere un reato solo per essersi spostato da un luogo della terra ad un altro per evitare di morire. Dan viene dall'Africa e in Africa non serve un documento per dimostrare che esisti. Dan non capisce come la mancanza di un pezzo di carta possa causare tanta sofferenza. Dan vive alla giornata, non si informa sulle leggi vigenti, ancora non sa bene l'italiano e in più non sa leggere. Dan viene picchiato un paio di volte dalla polizia, senza motivo. Dan è una persona molto semplice: è sensibile, buono, spesso ingenuo. Dan dona molti dei soldi che guadagna ai suoi amici per aiutarli. E' sempre lui a rimetterci perché, anche se fa fatica a imparare l'italiano o se non è intelligente come altri non avendo mai avuto la possibilità di andare a scuola, ha un grande cuore.

Un giorno Dan, mentre cammina per strada, ferma una signora che sta aspettando suo marito per andare a pranzo. Dan le chiede di comprare qualcosa e intanto il marito della signora arriva. La coppia offre a Dan di mangiare insieme a loro. Dan accetta e dopo aver raccontato la storia del suo viaggio, il signore lo invita a passare nel suo ufficio per chiacchierare. Dan, con alcuni amici, inizia ad andare a trovare il signore e a conoscerne i colleghi. Una collega di quell'uomo chiede a Dan se ha voglia di aiutare i suoi genitori a fare faccende domestiche. Così Dan inizia a frequentare questa famiglia dando una mano alla coppia pensionata nelle attività quotidiane.

Dan nel frattempo ha fatto richiesta di asilo politico in Italia. Domanda che viene rifiutata e ora Dan aspetta la risposta al ricorso presentato. L'avvocato di Dan dice che è davvero difficile fargli ottenere l'asilo politico perché solo una piccola percentuale di casi ha successo. Dan non capisce come mai, se l'asilo politico deve essere concesso per legge a chi si trova al di fuori del proprio paese e non può ritornarvi a causa del fondato timore di subire violenze o persecuzioni, lui, che è scappato da una guerra, non ne abbia diritto. A settembre del 2009 esce una sanatoria. La coppia presso cui Dan lavora decide di provare a regolarizzarlo. Dan nel frattempo rimane orfano. Non può tornare indietro a salutare sua madre per l'ultima volta. Dan in Africa ha solo un fratello e uno zio che non si è mai preso cura di loro. La coppia decide di ospitarlo in casa propria. Dan ha una nuova famiglia, ma ancora solo temporaneamente. La sua nuova famiglia provvede a lui; paga tutto ciò che c'è da pagare: domanda di sanatoria, contributi, spese legali... Dan inizia a frequentare una scuola di italiano e con fatica apprende a leggere e a scrivere.

Dan si fa nuovi amici e ogni tanto va a trovare quelli vecchi. Quando può va a suonare le percussioni o a giocare a calcio. Quando Dan si alza la mattina canta e sorride. Gli manca molto l'Africa, ma visto che è qui, dopo tutto quello che ha passato, vuole provare a rimanerci perché sa bene che il posto da cui viene non gli offre possibilità. La sua nuova famiglia gli vuole bene e vorrebbe riuscire a permettergli di costruirsi una vita normale qui, in Italia. Dopo qualche mese l'avvocato sembra portare buone notizie. Pare che sia già stato fissato l'appuntamento con la Questura affinché il datore di lavoro e Dan vadano a firmare per la regolarizzazione.

Dopo qualche giorno l'avvocato richiama la famiglia per dire che l'appuntamento sarebbe saltato visto che a Dan è stato attribuito il reato di ricettazione. Dalle informazioni raccolte sembra che Dan abbia rubato calzini e fazzoletti per venderli e quindi per mangiare. Dan si ricorda di essere stato fermato una volta e si ricorda di un uomo che ha compilato un verbale, ma non ha capito nulla di quello che gli diceva. Dan ancora non aveva iniziato a studiare l'italiano e chi l'ha fermato di  certo non sapeva l'inglese, l'unica lingua che Dan conosceva in quel momento. Dan afferma di non aver rubato niente. Dan è molto amareggiato e così anche la sua nuova famiglia. I tempi di attesa si allungano ancora. Dan si butta giù facilmente e ha spesso bisogno di essere sostenuto. Basta poco per far sentire meglio Dan perché Dan è comunque felice della vita e di essere nato. I mesi passano e Dan impara sempre di più a parlare italiano. Dan si informa presso un ente di formazione professionale sulle possibilità di lavorare nel campo meccanico o elettrico e inizia a prepararsi per gli esami di ammissione ai corsi. Né lui né la sua nuova famiglia vogliono che faccia le pulizie per tutta la vita.

Intanto il tempo continua a scorrere e passa quasi un anno dalla presentazione di domanda di sanatoria. Il datore di lavoro di Dan crede di riuscire a risolvere la cosa in pochi mesi, ma si sbaglia. In tutto questo periodo la nuova famiglia di Dan continua a sostenere le spese legali, pagare i contributi, dare ospitalità a Dan pur vivendo della sola pensione e dei risparmi dei rispettivi componenti. Il datore di lavoro di Dan si presenta più e più volte in Questura durante questi lunghi 10 mesi di attesa, ma solo una volta gli viene data la possibilità di parlare con qualcuno, proprio poco dopo che la richiesta di sanatoria è stata spedita. Dopo ben 10 mesi di attesa arriva la risposta dalla Prefettura su indicazione della Questura. La domanda di regolarizzazione è respinta; la causa: l'espulsione che Dan ha precedentemente ricevuto per il reato di clandestinità.

Il morale di Dan precipita. Tutta l'attesa sostenuta, gli sforzi effettuati per imparare la lingua di un paese che non lo vuole si sono dimostrati vani. La nuova famiglia di Dan chiede a Dan che cosa voglia fare. Se Dan vuole provare a continuare a rimanere in Italia dovrà farsi forza perché forse questo gli costerà altra sofferenza. Dan decide di provare ad andare avanti col sostegno della famiglia. A distanza di un mese dalla prima lettera di respingimento della domanda di sanatoria arriva un'altra lettera dalla Prefettura. E' la lettera di respingimento definitiva della richiesta di sanatoria. Le definitive motivazioni relative al rifiuto della domanda riguardano il reato di clandestinità e “diversi precedenti per furto ed in materia di sostanze stupefacenti - con diverse generalità”.

Dan è a terra, non solo non è stato regolarizzato a causa dell'espulsione ricevuta, ma gli vengono attribuiti reati senza che ne vengano fornite prove. Dan dice di essere innocente. La famiglia chiede a Dan se possa essere stato scambiato con qualcun altro che ha fornito il suo nome, una volta fermato, per non essere incastrato. Dan non lo sa. La famiglia chiede a Dan se ha mai camminato insieme ad altri ragazzi che avrebbero potuto spacciare. Lui dice no.

La famiglia chiede a Dan se qualcuno possa avergli infilato qualcosa di rubato o della droga nel borsone con cui vendeva per strada. Dan è infatti molto ingenuo per certe cose. Dan è sicuro e dice che l'unica cosa che ha fatto in questi anni in Italia è stato vendere per strada calzini, fazzoletti,.... Dan sta male, inizia ad aver seriamente paura. Dan si domanda in che razza di paese è capitato dove ad un uomo innocente possono essere attribuiti reati in questo modo e senza prove. Il giorno successivo l'arrivo della lettera, Dan, la sua famiglia e l'avvocato si recano al casellario giudiziale. A carico di Dan non risulta nulla. Dan e la sua famiglia sono molto arrabbiati. Dopo qualche giorno l'avvocato informa la famiglia che quella di Dan non è la sola lettera della Prefettura ad essere arrivata.

Dan continua ad essere spaventato, ha persino paura di uscire per strada e che possa essere accusato di qualsiasi reato che non ha commesso. Dopo qualche settimana la famiglia che ospita Dan fa ricorso al TAR. Dopo  due mesi la risposta del TAR è negativa. La famiglia di Dan vuole provare ad arrivare fino in fondo e così fa ricorso al Consiglio di Stato. Dan e la sua famiglia continuano ad aspettare.

Un giorno il datore di lavoro di Dan, mentre camminava per tornare a casa, vede che alcuni agenti della polizia hanno fermato tre ragazzi di colore. Allora si  avvicina e chiede ad un agente che cosa stesse succedendo. L'agente lo allontana in malo modo, urlandogli in faccia di andarsene. Dopo qualche giorno l'avvocato informa la famiglia di Dan di stare attenti perché ora la polizia sta eseguendo le espulsioni. Ma il ricorso al Consiglio di Stato di Dan deve ancora avere risposta per cui il procedimento legale è ancora aperto. E' meglio comunque tenere gli occhi aperti. Finché Dan non lavora non ha documenti, ma se non ha documenti non può lavorare. Per forza l'immigrato sarà clandestino per un certo periodo di tempo.

La sanatoria dovrebbe facilitare l'emersione dei casi di lavoro in nero per poi "sanare" la situazione dei lavoratori. E invece, nel caso di Dan, i fatti sembrano dimostrare che lo scopo della sanatoria fosse quello di truffare il lavoratore immigrato clandestino e il suo datore di lavoro che ha dovuto aspettare più di un anno per avere una risposta negativa dalla domanda di regolarizzazione. E dopo tutto questo ora il timore è quello che la Questura, avendo sotto mano il nome di Dan in quanto ha fatto richiesta di sanatoria, possa chiamarlo o fermarlo, fargli un processo per direttissima a causa del reato di clandestinità per poi trasferirlo coattamente nel paese da cui è fuggito per non morire. La sua speranza viene uccisa giorno dopo giorno dall'ingiustizia e dall'indifferenza. Dan ha un sogno: vorrebbe lavorare come elettricista o elettrauto; vorrebbe sposarsi e avere una sua famiglia; vorrebbe andare a suonare e cantare coi suoi amici. Dan vorrebbe una vita normale ma è costretto a scappare da quando è nato, prima dal Niger Delta, poi dal Niger, successivamente dalla Libia e ora dall'Italia. Un'Italia che non gli offre alternative perché non lo vuole e io mi sento umiliata e impotente perché nemmeno qui, nel paese in cui sono nata, Dan sta riuscendo a realizzare il suo sogno.

Dan aspetta da 27 anni di iniziare a vivere e probabilmente non sarà il mio paese a garantirgli il diritto di esistere.