Dolori

Albania

Il tuo dolore.
Dolore di donna, di madre, di moglie.
Dolore per una vita passata fra sacrifici e violenze, per i tuoi poco più di trent’anni, che sul tuo viso affaticato sembrano dieci di più.

Dolore di moglie, costretta a dividere il letto, la quotidianità, la vita con un uomo violento, che beve dalla mattina alla sera, che per comprare il raki ti ruba i soldi che tu con sacrificio guadagni lavorando.

Dolore di madre, che non può stare accanto ai suoi figli, forse perché nessuno mai te l’ha insegnato, a te che la tua mamma l’hai persa tanto presto.
Ti guardo accanto a quel lettino di ospedale dove dorme la tua bambina e vedo tutto questo dolore.
Ti guardo e vedo una mamma che nonostante le spalle larghe e l’incredibile forza e tenacia, non riesce a non piangere davanti alla sua bambina ammalata.

Il mio dolore.
Dolore di donna, di volontaria.
Dolore nel non saperti rincuorare, dolore nel non sapere cosa dire, dolore nell’essere presente ma non sentirmi lì.
Dolore nel non conoscere abbastanza la tua lingua per dirti almeno una parola di conforto.

Ti guardo.
Mi guardi.
Ci abbracciamo.
Ci prendiamo per mano e stringiamo forte.
I nostri dolori si fondono, si mischiano. Si confrontano e si confortano.
Io prendo un po’ del tuo dolore e lo faccio mio.
Tu capisci me, e il mio dolore nel non riuscire ad essere abbastanza.

Adesso il dolore è uno solo, ed è più grande.
Ma lo portiamo insieme, ed insieme è più facile portarlo.

Nadia