Come allora

Albania

Oggi come allora ci sei tu.
Oggi come allora ci sono io.

Tu, donna forte ma forse non così forte.
Io, donna forte ma forse non così forte.

Come allora ci sono i tuoi bambini, e i segni di emozioni e sentimenti malati sul loro fragile corpo.

C'è la forza di K. piccolo grande uomo diventato grande troppo presto.
C'è il coraggio di A. che si interpone fra il fratello e il padre per cercare di evitare l'ennesimo dolore.
C'è il trauma di M. che ha visto così tanta violenza che ormai le è famigliare.

Ma ci sono anche rabbia, sgomento, paura, ricordi.
C'è la rabbia nel non riuscire a farti capire che devi andartene, che l'unica soluzione è andare via da lì.
C'è lo sgomento nel vedere un padre brandire un bastone contro i propri figli.
C'è la paura che un giorno possa accadere qualcosa di molto più brutto.
Ci sono i ricordi, che dal profondo del cuore tornano in superficie, e fanno male.

Ma soprattutto c'è frustrazione, nel non vedere progressi, nel continuare a essere osservatrice di una violenza profonda, gratuita e inspiegabile.

Mentre venivo da te ho visto un ragazzo che stava prendendo a calci un topo. Un piccolo innocente topo. Mi sono chiesta: perché? Perché accanirsi con tanta rabbia contro un esserino inerme? E. mi ha fatto riflettere: immagina quel ragazzino, forse viene preso a calci dal padre e si è abituato che si fa così, che è normale prendere a calci chi non si riesce a difendere.

Già. È normale.
Qui la violenza è normale, è la norma.
Qui la violenza è radicata, profonda, paurosamente viva.

Sarà forse questo che ti impedisce di ribellarti?
Saranno le rigide regole di questa terra che tanto amo e odio allo stesso tempo?

Io i tuoi figli non li voglio veder crescere nella violenza. Ne hanno avuta più che a sufficienza.
Io non voglio che i tuoi figli prendano a calci un topo.
Non voglio che i tuoi figli usino la violenza.

Saliamo in macchina.
Lui resta lì, in balia dell'alcol e della sconfitta.
Un'altra volta è stato guardato con pena e disprezzo da parenti, vicini, italiani.
Un'altra volta quell'onore tanto salvaguardato da tutti qui, a lui è stato leso. È stato leso da se stesso e dalle sue folli, assurde azioni.

Tu puoi cambiare le cose. Solo tu puoi farlo.

Ci sei tu, donna forte.
Ci sono io, donna forte.
Ma non è come allora, che eravamo due, stavolta siamo tanti, siamo un noi. Un noi fatto di persone che credono in valori alti, in valori più forti dell'odio, più forti della violenza.
Un noi fatto di abbracci, di sostegno, di conforto.

Un noi che è pace, un noi che è gruppo, un noi che è Colomba.

"Se un sogno ha così tanti ostacoli significa che è quello giusto", dicevano.
E allora sogniamo. Sogniamo che la vita prenda il posto dell'onore.
Sogniamo che la violenza sia sconfitta dalla nonviolenza.

Sogniamo.
Ma poi svegliamoci, svegliamoci con la consapevolezza di avere la chiave per operare nel mondo un piccolo grande cambiamento.

Nadia

Nadia è una volontaria che è alla seconda esperienza in Albania, sempre di questa donna forte qualche mese fa scriveva: Dolori