Sulla strada

Mi ricordo bene il viaggio verso casa colomba quando sono arrivata in Albania.
Poche ore prima avevo salutato i miei genitori in aeroporto, e poco dopo mi ritrovavo a percorrere strade mai viste, cercando di riempirmi gli occhi con le mille immagini che vedevo attraverso il finestrino.
Ero come una bambina che per la prima volta vede il mare: ha paura ma, contemporaneamente, ne è affascinata.

In questo periodo ho rivisto me stessa numerose volte, ma in volti diversi dal mio.
Un giorno abbiamo accompagnato E, di appena ventitré anni, uscito di prigione da pochi giorni, a trovare il fratello, anche lui in carcere.
Percorrevamo una strada che ormai conoscevo, perché più o meno era la stessa che avevo fatto il primo giorno in Albania e tante altre volte, ma mi sono emozionata lo stesso con E, un ragazzo più giovane di me, che aveva il naso appiccicato al finestrino a riempirsi gli occhi, e il cuore, di quelle immagini che per tutto quel tempo non aveva potuto vedere.
Ho ripensato un po' alle tante cose fatte negli ultimi sei anni e poi mi sono detta “adesso cancella tutto”.
Ho cancellato i viaggi con gli amici, e quelli da sola, i compleanni, i giorni in università, la laurea, il lavoro. Ho cancellato le tante persone che ho incontrato e che mi hanno riempito di amore senza nemmeno rendersene conto. Ho cancellato tutto il tempo passato con la mia famiglia senza obblighi, orari, sbarre, controlli.
Ho cancellato tutte le scelte che ho avuto la possibilità, e la libertà, di fare.
Ho cancellato il mio primo giorno in Albania e tutti gli altri, e le innumerevoli volte che mi sono sorpresa, di nuovo, come il primo giorno.
Questo mi ha fatto davvero riflettere. Anche se non conoscevo E, e nemmeno suo fratello, ero emozionata all'idea che dopo sei anni potessero rivedersi.
Ho pensato a mia sorella, al bene che ci lega, e che noi abbiamo la fortuna che possiamo vederci quando vogliamo e che una settimana senza sentirci è già tanto.
Ho pensato che quel giorno abbiamo permesso a due fratelli di rivedersi dopo tanto tempo. Essere colombe significa anche accompagnare chi non può muoversi da solo.
Perché E. oggi è fuori dal carcere, ma non è libero veramente.
Quando sei in vendetta, difficilmente sei libero davvero. L'odio e la paura, si sa, rendono prigionieri.
In questi mesi passati in Albania le emozioni sono state tante. E forti. Ho conosciuto persone che hanno un passato pieno di violenza e tristezza, ma hanno scelto di perdonare e di crescere i propri figli nella pace.
Ho anche conosciuto persone che hanno smesso di credere, soprattutto in se stesse, che amano talmente tanto i propri figli da chiederci di portarli via.
Ho sentito quanto può essere grande l'amore dei figli per la mamma e il dolore per la perdita di un proprio caro.
Ho percepito tantissimo amore nei posti più sperduti e nelle case più povere che avessi mai visto e che è quello di cui tutti noi abbiamo veramente bisogno, sempre e ovunque.
E alla fine io non posso far altro che emozionarmi ancora. E rimanere con il naso appiccicato al finestrino, ogni giorno, come il primo giorno.

Anna