Albert e Fredi

Albert è un ragazzino sveglio e vivace, a volte un po’ timido.
Ci ha confidato che gli piace Ela, la ragazzina più carina del gruppo.
Fredi è furbetto ma dolcissimo, quando sorride storce un po’ la bocca e gli vengono due fossette meravigliose, fa lo sguardo da duro ma gli si legge la bontà negli occhi.
Albert e Fredi sono cugini e amici, inseparabili e complici.
Albert e Fredi sono cugini di sangue, quello stesso sangue che la loro famiglia non si sa se vorrebbe vendicare, quello stesso sangue che scorreva nelle vene del papà di Albert, prima che qualcuno decidesse di togliergli la vita.
Albert e Fredi stamattina guardavano dal furgone la casa di chi ha ucciso il padre di Albert, commentando che non ci fosse nessuno in giro.
Alcuni ragazzini della zona ci dicono che Albert vuole diventare grande subito, per vendicare la morte del padre.

Altri dicono che però questa cosa è molto brutta e noi chiediamo se secondo loro parlare con Albert e la sua famiglia potrebbe servire per evitare altro dolore.
Ci dicono di sì, ci dicono anche che a Tropoja non ci sono più molti casi di vendetta di sangue, ma purtroppo sappiamo dal nostro lavoro che non è così e che per molte persone l’onore è più importante della vita.
Qualche ora dopo ci sediamo accanto ad Albert, è un ragazzo intelligente e sembra aver proprio voglia di chiacchierare.
Con alcuni volontari parla di come si reagisce ad un torto, con lui e Fredi si riflette del fatto che è meglio lasciar andare, e non rispondere al male col male.
Albert è d’accordo ma dice che in Albania uno che fa una cosa del genere è considerato un debole e ci fa l’esempio di un caso di vendetta accaduto proprio pochi giorni fa in queste zone.
Gli chiediamo se sa dove sono le persone coinvolte nel caso, ci dice di sì, che sono in prigione.
E cosa hanno ottenuto? Niente, logicamente.
La conversazione sfuma e si torna ai giochi, giochi divertenti, giochi da bambini.
Albert ride e scherza, canta nel furgone e fa un po’ il capetto, d'altronde è il più grande – dice lui.
Albert ha 15 anni, ma il suo fisico esile ne dimostra molti meno.
Ha un sorriso sincero ed è sicuro di sé quando dopo uno screzio con un compagno mi rassicura: “io sono un bravo ragazzo”.
Ai miei occhi Albert è un bambino, un bambino sorridente e in cerca di un affetto che qualcuno gli ha strappato via.
Ai miei occhi è un bravo ragazzo, proprio come dice lui.
Ai miei occhi non potrà mai imbracciare un fucile o impugnare un coltello per far del male a qualcuno.
Ai miei occhi questa vendetta è una cosa maledetta, che condanna i bambini ancora prima che possano comprendere cosa significa vita e cosa significa morte.
I miei occhi, però, vedono un futuro possibile, e soprattutto combattono per questo futuro possibile.
Perché i miei occhi non reggerebbero nel leggere, un giorno, il nome di Albert fra quelli delle persone che hanno ucciso.
Perché Albert ha un futuro davanti, e soprattutto ha Ela da conquistare.
Non c’è tempo per la morte: qui pulsa la vita.

Nadia