Manifestare = democrazia!

In Albania dall’inizio di dicembre gli studenti protestano ininterrottamente contro la riforma dell’Università, che prevedrebbe un aumento delle tasse universitarie e l’aggiunta di una tassa ulteriore per sostenere gli esami.
Senza cedimenti alla violenza né abbandono del campo, i giovani si ritrovano nelle piazze, urlano slogan rivolti alla Ministra dell’Educazione Lindita Nikolla, bloccano il traffico, minacciano scioperi della fame fino a che le loro richieste non verranno ascoltate.
Si tratta di 8 punti ben determinati, che spaziano dalla richiesta di borse di studio per studenti meritevoli o copertura totale delle tasse per studenti con disabilità, alla pubblicazione online di budget e titoli da parte del Ministero dell’Educazione, dello Sport e della Gioventù per rispondere a esigenze di trasparenza necessarie in un Paese affetto da un elevato livello di corruzione.

In generale, si possono riassumere le richieste in due grandi filoni: garantire la qualità della formazione attraverso controlli qualitativi sui titoli e sulle qualifiche dei docenti – troppo spesso oggetto di scandali per compravendita di esami – e limitare gli aumenti delle tasse universitarie, gravose per una popolazione che vive con stipendi intorno ai 300 euro mensili.
A sostegno delle proteste studentesche si sono schierati in molti e, dopo qualche giorno dal loro inizio, anche alcuni esponenti delle fedi religiose: a inizio dicembre la Conferenza episcopale albanese della Chiesa cattolica e poco dopo la Chiesa autocefala ortodossa d’Albania hanno appoggiato pubblicamente i movimenti studenteschi, definendo gli studenti “la parte più energica della società” e le loro richieste “pietra fondamentale del progresso della società albanese”.
Contemporaneamente anche i rappresentanti delle comunità Musulmana, Bektashi e della Fratellanza Evangelica si sono uniti nel sostegno congiunto alle proteste pacifiche degli studenti, definiti come “voce della saggezza”.
I paragoni con il 1991 – l’anno in cui ebbe inizio la protesta degli studenti dell'Accademia di Belle Arti che portò poi alla caduta definitiva del regime comunista – si susseguono; i giornalisti locali e internazionali che monitorano la situazione, e che spesso si uniscono al coro degli studenti, notano con una punta di ironia che in questa situazione il Primo Ministro Edi Rama si trova in una posizione diametralmente opposta a quella in cui si trovò da giovane studente, 27 anni fa.
E nonostante i suoi tentativi di dialogo, gli studenti restano fermi sulle proprie richieste.
Dando prova di resistenza, sospendono le proteste durante le festività di fine anno e si danno appuntamento a gennaio 2019 per nuove e più pressanti manifestazioni.   
La popolazione studentesca non è sola in questo inverno di contestazione popolare.
Infatti, a Scutari e a Kavaje alla protesta studentesca si sono uniti i cittadini, che si sono accalcati più volte nelle aree di accesso delle due città per manifestare contro gli aumenti delle tasse e del carburante.
E da novembre sono in corso proteste pubbliche a Tirana nel quartiere di Unaza e Re contro l’abbattimento di abitazioni ed esercizi commerciali, per fare spazio a una nuova via di comunicazione.
Gli abitanti hanno manifestato anche bloccando il traffico di accesso alla capitale, per chiedere al governo di tutelare i loro diritti alla proprietà e al lavoro, con lo scopo di mantenere in piedi costruzioni per le quali hanno pagato le tasse per anni e che tuttora sono inserite nel processo di legalizzazione per la costruzione e la proprietà della terra.