Chiusura Presenza Operazione Colomba in Albania

Dopo 10 anni di attività nonviolente, Operazione Colomba si appresta a chiudere la presenza in Albania.
Questa decisione, per nulla presa a cuor leggero, è frutto di attente riflessioni e constatazioni che sono state effettuate a partire dai risultati positivi raggiunti in questi anni di progetto e valutando il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie conosciute e seguite da Operazione Colomba.
I percorsi di rielaborazione dei conflitti e dei lutti causati dal fenomeno hanno permesso a molti membri delle famiglie colpite da questa piaga sociale di superare, poco alla volta, il dolore e la rabbia per le ingiustizie e le violazioni dei Diritti Umani subite. Questi percorsi hanno aiutato le famiglie ad abbandonare l’idea di vendicare l’uccisione di un proprio parente, sostenendole nella pianificazione di un futuro costruttivo e dedicato alla vita e all’educazione dei figli, nell’ottica di prospettare loro un futuro migliore.

Inoltre, i processi di mediazione attuati in questi anni per promuovere il riavvicinamento dei clan coinvolti nelle faide, hanno supportato le famiglie imparentate con chi si è macchiato di un crimine legato alla vendetta nella realizzazione di gesti distensivi e rispettosi del dolore della controparte. Questo tipo di attività ha abbassato il livello di tensione tra gli attori in conflitto, aiutando la parte lesa a riconciliarsi con le proprie ferite emotive e la controparte a smarcarsi dalla situazione di isolamento in cui si trovava.
Le scorte civili (o accompagnamenti nonviolenti) hanno protetto nei loro spostamenti quotidiani moltissimi uomini, giovani e donne coinvolti nelle faide e, quindi, a rischio di diventare bersaglio per una vendetta. Inoltre, le scorte civili in carcere, in ospedale e in determinate circostanze famigliari, hanno garantito a queste persone l’accesso alla sanità e la possibilità di continuare a coltivare i legami con i propri cari. Gli accompagnamenti si sono rivelati particolarmente utili anche per realizzare gite in luoghi culturali, religiosi o di svago.
Questa attività ha permesso ai membri delle famiglie di uscire dal contesto obbligante in cui vivono, e dalla loro pesante situazione quotidiana, per “rigenerarsi”. In generale, questi accompagnamenti hanno incentivato, negli anni, i membri delle famiglie a spingersi oltre il contesto di chiusura in cui erano immersi e ad acquisire sempre più fiducia in se stessi per iniziare ad approcciarsi nuovamente al mondo esterno. L’attività li ha aiutati a superare la paura e a costruire delle opportunità di miglioramento delle loro condizioni di vita che, per alcuni, soprattutto donne, si sono tradotte nella ricerca e nell’ottenimento di un lavoro con cui provvedere al sostentamento della famiglia.
Inoltre, le attività con il gruppo di donne, appartenenti a famiglie “in vendetta”, hanno creato spazi di incontro e confronto sulle rispettive situazioni familiari, in particolare attraverso gite in luoghi sacri e l’ascolto di testimonianze di altre donne che hanno scelto la nonviolenza, il perdono e la riconciliazione in altre zone o situazioni di conflitto.
Infine, le attività con il gruppo di giovani provenienti da queste famiglie sono state occasione di crescita e cambiamento. L’incontro con persone che hanno raccontato le loro esperienze di riconciliazione e le attività di formazione sulla gestione nonviolenta del conflitto hanno offerto a questi ragazzi un modello nuovo e diverso per rispondere alle faide in cui sono coinvolti. Le partite di calcetto e le gite fuori porta hanno poi costituito un’ulteriore valvola di sfogo, nonché un’opportunità per consolidare l’amicizia.
Tutto ciò è stato possibile grazie alla condivisione diretta della vita dei volontari con quella delle famiglie coinvolte che, come spesso ci è stato ripetuto soprattutto dai giovani, ha permesso loro di “aprire la mente” e di ampliare la visione della realtà.ù
Gli interventi e i momenti formativi svolti nelle scuole, negli oratori, nelle parrocchie e nei maggiori centri di aggregazione hanno influenzato costruttivamente il contesto obbligante che tende a emarginare queste famiglie e a spingerle a vendicarsi, esercitando un tipo di pressione sociale spesso profondamente negativo.
Le attività di sensibilizzazione (manifestazioni mensili, campagne nazionali, stesura e distribuzione di Report sul fenomeno della “vendetta di sangue”) destinate alla società civile, alle Istituzioni locali e internazionali (in particolare ONU, UE, OSCE) hanno, prima di tutto, dato visibilità al fenomeno, sollecitandone il riconoscimento da parte delle autorità albanesi.
In secondo luogo hanno stimolato l’adozione di un approccio di cittadinanza attiva nella popolazione locale, seminando una cultura basata sul rispetto dei Diritti Umani e promuovendo la possibilità di offrire utili suggerimenti su come poter contrastare il fenomeno della “vendetta di sangue”.
In tutti questi anni Operazione Colomba ha fatto anche da ponte di dialogo tra le famiglie colpite dal fenomeno e le Istituzioni, portando all’attenzione di queste ultime le richieste delle vittime di questa pratica. Da una parte le tavole rotonde e gli incontri realizzati con le autorità e le Associazioni in loco hanno perseguito l’obiettivo di creare una strategia congiunta per sradicare questa piaga sociale. Dall’altra la pubblicazione e la diffusione di documenti e Report hanno permesso di denunciare alle Istituzioni albanesi, all’Unione Europea e alle Nazioni Unite le violazioni dei Diritti Umani causate dal fenomeno. Questa attività di advocacy è stata fonte di pressione per sollecitare l’impegno dei rappresentanti locali a promuovere concrete azioni di lotta al fenomeno.

Prospettive
La chiusura della presenza di Operazione Colomba in Albania non implica però la conclusione del nostro impegno per continuare a contrastare il fenomeno della “vendetta di sangue”. Infatti, tutte le attività svolte in questi anni per combattere la pratica della “vendetta di sangue” costituiscono un bagaglio importante di buone prassi da trasmettere agli Enti e alle Istituzioni locali in modo da continuare a promuovere il superamento del fenomeno.
Per questo, attraverso l’Associazione Trentino con i Balcani (ATB), nei prossimi mesi saranno realizzati incontri e laboratori con le Istituzioni albanesi in cui Operazione Colomba sarà impegnata nella divulgazione di un Toolkit, un breve manuale operativo contenente le pratiche che si sono rivelate più efficaci a contrastare questa piaga sociale. L’attività sarà perseguita nell’ottica di contribuire a una crescente e sempre maggiore autonomia di azione, atta a eliminare il fenomeno, da parte degli Enti locali.
Inoltre, il monitoraggio delle famiglie colpite da questo genere di problema sarà portato avanti dai missionari della Comunità Papa Giovanni XXIII, che continuerà la presenza in Albania con strutture di accoglienza e interventi di solidarietà.
In generale, invece, il monitoraggio del fenomeno continuerà ad essere realizzato attraverso la raccolta di dati on-line e la pubblicazione delle informazioni sul nostro sito e sul nostro blog  ‘Kundër Gjakmarrjes’ (www.kundergjakmarrjes.org).
Infine, l'attività di sensibilizzazione verrà proseguita attraverso la Campagna Kundër Gjakmarrjes, che resta aperta sui social network. Invitiamo tutti coloro che hanno a cuore il superamento del fenomeno della “vendetta di sangue” a continuare a postare foto con l'adesivo Kundër Gjakmarrjes (www.operazionecolomba.it/njepopullkundergjakmarrje/category/campagna-2018-2019/presentazione-it/).

È importante sottolineare come la decisione di chiudere la presenza, lasciando alcune importanti attività nelle mani dei missionari della Comunità Papa Giovanni XXIII presenti in loco in modo che possano proseguire e puntando su un passaggio di consegne con le Istituzioni albanesi, sia frutto dei risultati positivi raggiunti in tanti anni di lavoro concentrato, in particolare, nel nord dell’Albania.
Questo non significa che il fenomeno abbia smesso di esistere, ma vuol dire che il percorso realizzato da Operazione Colomba in questi 10 anni può indicare una strada da seguire per eliminare questa pratica in tutto il Paese.

Un enorme ringraziamento di cuore va a tutti i volontari, a tutti i donatori, a tutte le Associazioni, a tutti gli Enti, a tutti i rappresentanti religiosi e istituzionali che hanno sostenuto il progetto in tutti questi anni, rendendone possibili tutte le attività e nutrendone l'anima.

Operazione Colomba – Equipe Albania