Operazione Colomba inizia una presenza anche in Albania

Albania

Siamo arrivati a metà marzo a Shkoder (Albania del Nord). Siamo stati accolti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che è in Albania con una missione ormai da 10 anni.
Hanno dato il VIA ufficiale alla presenza: Fabrizio, Giulia, Fitim e Laura. I primi giorni sono stati dedicati alla sistemazione della casa nuova. Abbiamo avuto il regalo immenso di avere con noi, per alcuni giorni, Sokol e Fitim che sono stati un grandissimo aiuto per entrare nella cultura albanese, farci capire e comprendere questa nuova lingua e per i lavori di manovalanza e falegnameria. Operazione Colomba è stata chiamata in Albania dalla Comunità per lavorare con le famiglie che subiscono la legge del Kanun. Il Kanun è un antico Codice Giuridico albanese che regola la vita individuale, familiare e sociale di un villaggio. È proprio come un Codice Civile che, in alcune zone dell’Albania, sostituisce addirittura la legislazione statale. Questo antico Codice (risale al MedioEvo) non è più in uso tranne una parte, quella che regola gli omicidi. Il Kanun prevede che, qualora un uomo uccida un altro uomo, la famiglia dell’ucciso può assassinare un membro maschio della famiglia che ha tolto la vita al proprio parente. Non è la Legge del Taglione (occhio per occhio, dente per dente) perché queste vendette vanno avanti anche per decenni diventando vere e proprie faide. Oggi le famiglie “sotto vendetta”, solo nella zona di Scutari (nel nord dell’Albania), sono più di cento. Lo Stato sottovaluta questa pratica e, spesso, gli assassini, dopo essere andati in prigione, vengono uccisi dalla famiglia rivale che non riconosce la legge dello Stato. I membri maschi delle famiglie che subiscono vendetta sono costretti a nascondersi sulle montagne o a chiudersi in casa per paura di venire uccisi. Ciò implica che tante famiglie non hanno fonte di reddito e che i ragazzi dai 12 anni in poi non possono più frequentare la scuola, curarsi, fare una passeggiata e avere una vita normale. Il Kanun prevede anche la riconciliazione e il perdono tra queste due famiglie in modo che finisca la faida. Esistono figure dette BAJRAKTAR che hanno il compito di far riconciliare le famiglie in lotta con riti e tempi specifici.

Forse qualcuno di voi penserà che chi mette in atto questa pratica sia incivile e crudele ma proviamo a pensare alle faide che ci sono anche in Italia specialmente quelle che nascono dalla cultura mafiosa. Non sono consuetudini simili? Per ora abbiamo visitato alcune famiglie sotto vendetta insieme ad una dottoressa (che visita chi è chiuso e quindi non può recarsi all’ospedale) o con una professoressa che fa scolarizzazione a domicilio per i ragazzi in età della scuola dell’obbligo che non possono frequentare le lezioni perché sotto vendetta. È un modo per iniziare a conoscere le famiglie ed entrare in contatto con loro.

Alcune famiglie ci accolgono con cortesia, con altre è più difficile perché sono diffidenti. Capisco le persone che hanno scritto in faccia: “E ora queste che cavolo vogliono?”. Per loro, che in alcuni casi non hanno neanche un pasto quotidiano, è difficile accogliere a casa persone sconosciute e italiane che portano le loro mani vuote.

La nostra intenzione è anche quella di creare un dialogo con le famiglie che hanno perso un proprio familiare a causa del Kanun e che ora vogliono vendicarsi. Inoltre vorremmo proporre attività specifiche per entrare in relazione con i ragazzi e le ragazze chiuse. Per ora la nostra è un’attività di monitoraggio per conoscere le varie famiglie e presentarci a loro.

Durante questo primo periodo abbiamo incontrato alcune Associazioni che lavorano sul Kanun come gli Ambasciatori di Pace che si occupano di scolarizzazione; il MJAFT formata da giovani universitari molto attivi nel campo politico e sociale del paese; il Comitato di Riconciliazione Nazionale composta dai Bajraktar che sono i mediatori ufficiali (riconosciuti anche dalla Stato) il cui fine è la riconciliazione tra le famiglie in lotta. La condivisione con la gente è fondamentale e ci aiuta a sentirci parte di questo Paese. I muri alti e i cancelli non ostacolano la calda accoglienza che in tanti ci riservano. Siamo all’inizio, è tutto da costruire, ma siamo fiduciosi!