Febbraio 2015

SITUAZIONE ATTUALE

Nel mese di febbraio in Albania vi sono stati numerosi casi di hakmarrja e uno di gjakmarrja. I primi si sono verificati nelle zone centro-meridionali del Paese, originandosi prevalentemente per motivi sentimentali (gelosia e/o rivalità). Tra questi, va segnalato un caso avvenuto però a Scutari, proprio nel quartiere dove abitano i volontari di Operazione Colomba.

Il conflitto è nato all'interno di una famiglia allo scopo di salvaguardare l’incolumità e l’onore di una delle figlie. Il caso di gjakmarrja è avvenuto invece vicino alla città di Fier ed è stato causato da motivi legati alla proprietà del bestiame. Il tentato omicidio si è concluso con un semplice ferimento.
Si menziona poi un caso conflittuale che è importante citare, nonostante non sia ancora stato classificato come “hakmarrja” o “gjakmarrja”. Il caso sembrerebbe essere scaturito da motivi religiosi - fatto piuttosto raro in Albania data la convivenza pacifica delle diverse confessioni presenti - e in quanto tale lo si ritiene per il momento un caso isolato. Nel villaggio di Mallkuç, vicino alla cittadina di Fushë-Krujë, alcuni sconosciuti hanno aperto il fuoco sull’abitazione di una famiglia cristiano-cattolica lasciando sul cancello di casa la scritta: “Largohu kaurr” (trad. “Andatevene infedeli”). Fortunatamente nessuno è stato colpito durante la raffica di colpi.
Passando invece ai casi di vendetta avvenuti negli anni scorsi, si riportano gli sviluppi giudiziari successi questo mese in relazione ad un conflitto avvenuto nel settembre 2012 a Blinisht, un villaggio tra Scutari e Lezha, poi proseguito in Italia. Il 25 febbraio il tribunale di Lezha ha condannato all’ergastolo un cittadino albanese, estradato dal carcere di Milano, luogo in cui era stato arrestato, che si sarebbe rivelato il responsabile di numerosi omicidi in Albania e in Italia.
Anche questo mese i media si sono interessati al fenomeno delle “vendette di sangue”,  incentivati dalle Istituzioni nazionali. Infatti, il 21 febbraio sono state riportate sul quotidiano nazionale Panorama le parole del Procuratore generale Adriatik Llalla. Il Procuratore ha concentrato la sua attenzione esclusivamente sulle persone che si trovano in stato di autoreclusione domestica per paura di subire la vendetta, ridimensionando le cifre fornite dalle varie associazioni e organizzazioni che si occupano del fenomeno in Albania. Come già Operazione Colomba aveva notato in passato, le Autorità giudiziarie albanesi continuano a dimostrarsi maggiormente interessate ad una parte delle vittime, con particolare riferimento alle innumerevoli richieste d’asilo politico in Paesi esteri per motivi legati al fenomeno. Il procuratore afferma che “grazie all’iniziativa della Procura, il procuratore di Scutari e gli agenti della Polizia Giudiziaria hanno preso contatto con tutte le famiglie che, a partire dell’anno 1990 in poi, sono state coinvolte nei conflitti con la conseguente autoreclusione all'interno delle proprie pareti domestiche. Dalla raccolta di tali dati possiamo concludere che nella provincia di Scutari ci sono solo 25 famiglie che vivono autorecluse”. Dalle parole di Llalla, emerge quanto ancora all'interno del Paese si abbia una conoscenza approssimativa del fenomeno. Secondo l'intervento di Operazione Colomba, sono infatti vittime del fenomeno non soltanto coloro che vivono in situazione di autoreclusione, come sostenuto da diversi esponenti albanesi, ma anche coloro che si trovano nella condizione di dover decidere se emettere vendetta o no.
Poco dopo l'intervento del Procuratore è poi giunta sui media la smentita del Signor Nikoll Shullani, responsabile dell’associazione dei Missionari della Riconciliazione, il quale ha criticato l’operato della Procura, affermando che gli agenti non si sono recati presso tutte le famiglie in autoreclusione per identificarne i soggetti coinvolti.

CONDIVISIONE E LAVOROT

Nel mese di febbraio, i volontari di Operazione Colomba hanno continuato le visite quotidiane alle famiglie in vendetta allo scopo di abbassare il livello di tensione nonché di creare spazi di ascolto attivo e di condivisione del dolore. In alcuni casi questo dolore, in passato, era rimasto inespresso e rinchiuso soltanto nei ricordi dei parenti più stretti, esplodendo poi nel compimento della vendetta. L'ascolto offerto dai volontari di Operazione Colomba è discreto e proprio per questo riesce a lenire le ferite donando speranza.  
In questo mese, particolare attenzione è stata rivolta alle famiglie che vivono in situazioni conflittuali accese. Due casi in particolare meritano un’attenzione speciale e quindi vengono menzionati più nel dettaglio. Il primo riguarda una famiglia che deve decidere se “rivendicare il sangue” di un proprio famigliare ucciso.
Il secondo riguarda due famiglie imparentate tra loro che sono in conflitto da diversi anni. La vittima è un ragazzo, ucciso nel 2007 da suo cugino. L'assassino è in attesa di essere scarcerato a breve.
In entrambi i casi, i volontari di Operazione Colomba sentono di avere intuito la strada da percorrere per poter raggiungere una distensione dei rapporti tra gli attori coinvolti. Durante le visite, infatti, i volontari hanno avuto diverse opportunità, che hanno colto per parlare in modo diretto e incisivo della possibilità di un perdono e di una riconciliazione. Tutto ciò non elimina il dolore delle famiglie, ma crea uno spazio in cui pensare ad alternative concrete alla vendetta. Per accelerare i tempi e rafforzare le proprie parole, i volontari hanno invitato in Albania Padre Gianfranco Testa, un missionario italiano della Consolata che durante la sua permanenza in Sud America ha elaborato un’approfondita riflessione sul concetto del perdono. Nelle varie famiglie che ha visitato insieme ai volontari, le parole di P. Testa hanno risuonato come cura per alleviare le pene e dare speranza, accompagnate per di più dal prestigio e dal rispetto della sua figura di sacerdote che la cultura albanese gli conferisce.
Al fianco di queste attività rimangono anche delle attività di assistenza come, per esempio, gli accompagnamenti presso le strutture sanitarie. Queste attività, oltre ad avere una natura assistenziale, hanno anche una valenza di condivisione che permette ai volontari di stabilire relazioni sempre più profonde con le famiglie coinvolte dal fenomeno.
Come ogni mese, i volontari si sono recati nella regione montuosa di Tropoja per visitare alcune “famiglie in vendetta” e continuare la collaborazione con la Chiesa cattolica locale, attiva anch'essa sul territorio nella vicinanza alle persone vittime del fenomeno. Numerose sono state le visite alle famiglie allo scopo di: mantenere vive le relazioni intessute negli anni nonché ascoltare e condividere il loro dolore, portando messaggi di speranza.
Insieme all’aria di speranza, tuttavia, i volontari hanno purtroppo ricevuto anche cattive notizie. Infatti, una delle famiglie che seguivano – emigrata in Germania per sfuggire alla vendetta di sangue – si è vista rifiutare il diritto d’asilo. La famiglia è rimpatriata dopo 7 mesi e continua ad avere paura. I volontari di Operazione Colomba si sono recati in visita per supportare la famiglia e trasmettere la propria vicinanza in questo momento difficile.
Come ogni mese, le attività dei volontari sono proseguite anche nell’ambito della sensibilizzazione della società civile. La manifestazione mensile per la Riconciliazione contro il fenomeno delle “vendette di sangue” si è svolta puntualmente a Scutari il 12 febbraio. In quest’occasione, i volontari di Operazione Colomba hanno colto la vicinanza della data dell'evento alla ricorrenza di San Valentino per chiedere ai passanti: “Cosa spezza il tuo cuore?”. Infatti lo slogan della manifestazione è stato: “la riconciliazione sta in un cuore grande”. Due scatole nascoste dietro due grandi cuori sono diventate per una sera contenitori di paure e speranze. La prima portava il peso di un cuore trafitto da un fulmine, a simboleggiare ciò che spezza il cuore; la seconda raccontava il sollievo di un cuore pulsante di speranza. Pertanto, è stato chiesto ai passanti di scrivere un pensiero negativo che spezza il loro cuore e poco dopo di pescare un messaggio positivo da una scatola a forma di cuore intero di colore rosso. Grazie alla partecipazione di alcuni ragazzi provenienti dalle famiglie in vendetta, sono stati distribuiti circa 500 volantini e sono state coinvolte numerose persone nella realizzazione del gesto simbolico. La partecipazione è stata quindi buona pur essendo una serata molto fredda e ventosa. Durante la manifestazione, i volontari di Operazione Colomba sono stati intervistati da alcuni giornalisti di due reti televisive locali – TV Rozafa e Star Plus TV. La finalità del messaggio è stata quella di poter costruire insieme la Riconciliazione nazionale partendo da ciò che abbiamo nel nostro cuore.    
Come ogni mese sono proseguiti gli incontri del “Gruppo Ragazzi”, che a febbraio sono stati due. Il primo incontro ha avuto come obiettivo l'organizzazione della manifestazione mensile. Il secondo incontro invece è stato mirato alla prosecuzione dell’attività di realizzazione di un cortometraggio che affronta il tema della vendetta. I volontari insieme ai ragazzi hanno infatti deciso, con le dovute tutele del caso e con il permesso delle loro famiglie, di iscrivere il video ad un concorso internazionale.
Si segnala poi l’evento di sensibilizzazione più importante del mese: la Conferenza del 13 febbraio per la presentazione del documento dal titolo “Descrizione del fenomeno delle “vendette di sangue” per la sensibilizzazione delle Istituzioni albanesi e internazionali”. Il documento è uno studio aggiornato sulla situazione attuale del fenomeno delle vendette in Albania nonché sulla sua distribuzione geografica e numerica. Il documento è stato realizzato dai volontari di Operazione Colomba sulla base dei dati raccolti in oltre 5 anni di presenza sul campo a fianco delle vittime del fenomeno. La conferenza ha avuto anche l'obiettivo di ribadire la posizione ufficiale di Operazione Colomba e della Comunità Papa Giovanni XXIII rispetto al fenomeno e di presentare alle Istituzioni Albanesi utili proposte su come poter sconfiggere insieme tale pratica. Come ogni mese, infine, sono continuate le attività di lettura dei quotidiani e di selezione degli articoli inerenti ai casi di vendetta per mantenere monitorato il fenomeno.

VOLONTARI

Nel mese di febbraio casa Colomba ha visto l’arrivo di due nuove volontarie: Nadia C. e Angela T., che hanno dato un importante aiuto durante questo periodo di serrati impegni e attività. Angela, dopo quasi un mese, è già ripartita, mentre Nadia rimarrà per altri due mesi. Anche questo mese Giulia Z. e Fabrizio B., coordinatori dall’Italia, sono venuti in Albania per dare man forte al gruppo. In particolare, Giulia è rimasta una settimana per presentare, durante la conferenza, il documento da lei redatto; Fabrizio si è fermato per qualche giorno per accompagnare Padre Gianfranco Testa nelle visite alle famiglie coinvolte nei conflitti più accesi.
Tra i volontari di questo mese va ringraziato il “Gruppo Ragazzi”, che ha collaborato attivamente alla riuscita delle nostre attività. I nostri ringraziamenti speciali vanno a Sokol B., mediatore culturale e fondamentale interprete della cultura albanese, e a Francesca K., che da anni supporta tutte le attività di sensibilizzazione condotte da Operazione Colomba.