26 ore davanti al carcere di Angol

 

Abbiamo presidiato il carcere per 3 giorni per un totale complessivo di 26 ore, il freddo, il mal di gambe e i dolori alla schiena che sentiamo non sono niente rispetto a quello che hanno sopportato i tre uomini detenuti.
Il 24 agosto ad Angol, la comunità Mapuche di Temucuicui Autonoma ha convocato altre comunità a presidiare il carcere.
La presenza serve per supportare ed esprimere solidarietà verso 3 prigionieri Mapuche che hanno intrapreso lo sciopero della fame e della sete all'interno dell'istituto detentivo.
La loro protesta è iniziata per ottenere condizioni detentive più dignitose e più in linea con la loro cultura, tradizione e religione come sancito dalla convenzione 169 che il Cile ha sottoscritto.
Tuttavia le autorità carceriere non sono inclini a soddisfare questo genere di richieste e, anche in questo caso, posticipano la data di trasferimento ogni giorno.
Noi partecipiamo al presidio, perché è un modo di condividere dentro questo conflitto che contrappone i Mapuche allo Stato e alle imprese.

Anche noi siamo presenti di fronte al carcere da quando è iniziato il presidio, senza prendere posizione, certo, ma spesso essere semplici osservatori è difficile... sopratutto quando condividi con loro il cibo, ne ascolti i racconti e ne percepisci le sofferenze.
E’ la sera del terzo giorno di presidio di fronte al carcere, quarto giorno di sciopero della fame e della sete.
Come se non bastasse, sappiamo che già da luglio i 3 uomini in questione avevano intrapreso lo sciopero della fame (continuando a bere).
Il medico che li visita esce e parla a tutti i presenti: sono in condizioni critiche, il sangue è troppo denso per la mancanza di acqua, hanno palpitazione, confusione, difficoltà a orientarsi e a ricordare.
Mi chiedo: quanta forza di volontà deve avere un uomo per resistere alla fame e alla sete per così tanti giorni? Quanto è importante per loro questa lotta?
In questi tre giorni abbiamo conosciuto Marisel, moglie e mamma di due dei prigionieri Mapuche, lei è impegnata ad ogni ora del giorno; spesso la troviamo con un bambino in braccio o a cucinare, pulire, sistemare, quasi sempre con quel suo sorriso con il mento un po' sporgente.
Solo quando il medico dichiara la condizione dei 3, si nasconde in macchina per una decina di minuti.
Non so cosa possa passare per la mente di una persona quando ti informano che tuo figlio e tuo marito stanno peggiorando ora dopo ora, e che se non si interviene, c'è il rischio che possano morire.
Quanta forza ci vuole…
Dopo molti giorni di sciopero della fame e quattro di sciopero totale i tre sono molto deboli ma la trattativa fra leader Mapuche e autorità carcerarie ottiene un risultato: alle 23 della notte, dopo tre giorni di presenza interrotta davanti al carcere, il portavoce della comunità parla davanti ai Mapuche riuniti e anche ai pochi giornalisti arrivati a coprire questa notizia.
Le autorità carcerarie hanno accettato di trasferire i tre prigionieri all’ospedale con la promessa di un trasferimento al C.E.T. (Centros de Educación y Trabajo) accettando le richieste dei Mapuche.
Sarà che provengo da una realtà diversa, sarà che da noi, in Europa, consideriamo un nostro diritto inviolabile quello di avere condizioni di vita accettabili, spesso dimenticandoci di tutte le persone che prima di noi hanno lottato perché fosse tale.
In questi tre giorni, per noi emotivamente e fisicamente provanti, abbiamo accompagnato e assistito ad un importante passo per questa comunità e in generale per la storia dei Mapuche.

Foto: www.operazionecolomba.it/galleries/Cile/2022/08-24-26-Carcere-di-Angol/