Alcune domande (e risposte) da una tenda di un campo profughi del nord nel Libano e dal confine Polonia-Bielorussia

Siamo volontari di Operazione Colomba, il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Scriviamo dall’inizio e dalla fine di questa fuga verso la libertà, dalla tenda di un campo profughi siriano in Libano e dalle foreste della Polonia.
Siamo persone come voi e costruiamo una alternativa alla guerra, alla fuga e ai muri.

Cosa ci fanno profughi siriani (insieme a iracheni, curdi e yemeniti) in Bielorussia, al confine con la Polonia?
Migliaia di profughi siriani sono partiti in questi ultimi mesi da Libano e Siria (e con loro molti libanesi) per la Bielorussia, con la prospettiva di spostarsi in Polonia e infine in Germania. Scappano da una guerra senza fine e da una totale mancanza di futuro.

Il governo bielorusso non è interessato alla terribile sorte di chi scappa dalla guerra, del resto ha ben presente che l’Europa ha bisogno di rendere ermetici i propri confini e per questo ha già finanziato lautamente Turchia e Libia.
Si aggiunga che, dietro, il governo russo ha capito molto bene come l’Europa va in crisi.
Come funziona quest’ultimo itinerario della disperazione?
“Basta” entrare in un’agenzia di viaggi in Libano, pagare 3500 euro per un visto per Minsk e 7000 euro per il resto del viaggio fino a Berlino.
Come si trovano i soldi? Facendo debiti, vendendo a prezzi bassissimi la terra e la casa in Siria.

Ma la guerra in Siria non era risolta?
No, le cause della guerra, la richiesta della fine di una dittatura, la scelta esecrabile di lasciare spazi ai gruppi terroristi; la scelta della comunità internazionale di non intervenire con proposte politiche forti; la scelta di lasciare che più di 10 milioni di persone diventassero profughe in giro per il mondo (che non le vuole), hanno avuto la conseguenza di formare un enorme bacino di disperati pronti a tutto pur di non morire.
La fabbrica di vedove e profughi che è la guerra, lavora a pieno regime

E in Libano non ci sono stati i cambiamenti politici che la gente chiedeva?
Fino a due anni fa sembrava impensabile, ma il Libano è precipitato in una crisi, legata anche alla guerra in Siria, che fa sì che la maggioranza dei libanesi stia cercando un modo per lasciare il Paese; i libanesi sono in mano alle mafie dei partiti, dei gruppi estremisti e dei paramilitari, Hezbollah tra quest’ultimi, che guadagnano potere togliendo sicurezza, ricchezza e futuro a tutto il Paese.
L’occupazione di Hezbollah di vaste zone della Siria contribuisce a rendere impossibile il ritorno dei siriani dal Libano (il Libano ha accolto più profughi dell’intera Europa); la sua forza armata lo rende intoccabile anche davanti a responsabilità mai chiarite come quella nell’esplosione del porto dell’agosto 2020.
“Uno Stato libero non può convivere con movimenti mafiosi e terroristi”, lo urlavano un anno e mezzo fa i giovani libanesi in piazza, ora che nessun cambiamento politico è avvenuto, a loro resta solo di prendere i barconi dal porto di Tripoli, insieme alle altre vittime della scelta della violenza.

Cosa succede ai profughi una volta arrivati al confine con la Polonia?
In questo momento sembra siano possibili solo due strade: respingere questi rifugiati e chiudersi, (lasciando spazio, come diceva padre Dall’Oglio, ad “una deriva fascista europea”) o far entrare queste persone, premiando indirettamente chi fa soldi con i disperati (intermediari e Stati) salvando almeno le apparenze sui valori europei, mai tanto in crisi come ora.
La Polonia ha scelto la prima strada, schierando l’esercito e respingendo i profughi.
Il governo ha bisogno di guadagnare consensi, e si proclama difensore della Polonia dall’invasione (immaginaria: qualche migliaio di persone che non vuole neanche restare nel Paese).
Per fare questo è disposto a violare le leggi europee sul Diritto d’asilo e l’assistenza umanitaria. I profughi restano così per la maggior parte in Bielorussia, spinti sulla frontiera o nascosti a Minsk. Qualche migliaio riesce a passare il confine, e prova a sopravvivere nella foresta a zero gradi, sotto la neve e la pioggia. Le stime sono già di qualche decina di morti.
Lì si aspetta un trasporto, a volte settimane, in una “zona rossa” in cui gli aiuti di Associazioni e ONG, ormai considerate criminali, non possono arrivare.
Pochi raggiungono la Germania, molti vengono trovati e rispediti indietro.
Ma è peggio ancora per quelli che restano incastrati nella terra di nessuno, tra le linee dei fili spinati delle due frontiere: condannati a una morte di stenti, non possono avanzare né tornare indietro... carne da macello da sacrificare sugli altari della convenienza politica.

Perché l’Europa dà soldi agli Stati confinanti come Turchia e Libia per bloccare il flusso di rifugiati?
Perché ci vuole molto coraggio, forza e capacità di cambiamento per proporre concrete alternative alle guerre e gli Stati europei corrono dietro a paure e ricerca di consensi facili.
Perché forse l’Europa crede che la sua identità sia definita da ricchezza e scambi commerciali
Perché forse affrontare con umanità il problema dell’immigrazione significa, ad esempio, riformare l’ONU togliendo il diritto di veto, smettere di vendere armi, smettere di sostenere regimi violenti e dittatoriali, smettere di fare affari con chi uccide tortura e crea profughi.
Significa diventare la casa che accoglie, sostiene e promuove proposte civili nonviolente, alternative alla guerra e alla chiusura.
Bisognerebbe ricordare che anche i grandi imperi, altrimenti, cadono sotto i piedi dei migranti.

Che alternative ci sono per questi profughi?
La giustizia è che queste persone possano vivere nel loro Paese.
È ciò che desiderano più di ogni altra cosa.
Vivendo con i siriani nei campi profughi abbiamo raccolto una loro Proposta: vorrebbero tornare a casa loro, vorrebbero non essere sotto il controllo di gruppi armati, chiedono che siano ristabilite responsabilità su chi ha ucciso, fatto vedove e orfani e reso profughi dieci milioni di persone. Chiedono di essere protetti dalla comunità internazionale.
Sta a noi cittadini dare voce a queste proposte che vengono dal futuro.
Facciamo una previsione che sa di profezia: o i nostri Paesi, l’Europa, diventano custodi di queste speranze o non avranno futuro.

Da oggi, da subito, ti chiediamo di collaborare con questi sognatori e con noi!