Situazione attuale
Secondo l’ultimo report di Border Violence Monitoring Network, al 31 gennaio, nel campo di Mavrovouni, sull’Isola di Lesbo. Vivevano 5.911 persone. Nonostante la situazione di queste persone sia già precaria e il campo sia già sovraffolato, il governo ha dichiarato che la capacità del campo raggiungerà presto gli 8.000 posti.
L’aumento della capacità, però, non è dovuto a un ingrandimento del campo stesso e a un conseguente potenziamento dei servizi, bensì alla costruzione di numerosi nuovi capannoni, i quali non hanno il riscaldamento, l’elettricità e i materassi, e alcuni non sono isolati correttamente, e quindi le persone che vi risiedono sono esposte a qualsiasi condizione atmosferica.
Inoltre, le persone che hanno ricevuto risposta positiva alla loro domanda d’asilo non hanno più accesso all’assistenza statale per i richiedenti asilo e quindi al cibo e all’alloggio. Di conseguenza molte di queste persone sono state forzate a lasciare il campo e vivono nelle strade della città di Mitilene in attesa di un permesso per raggiungere per la terra ferma.
Il campo di Mavrovouni che, come gli altri campi sulle isole, è nato inizialmente come campo di registrazione e identificazione e d’emergenza (dopo l’incendio di Moria nel settembre 2020) è stato recentemente convertito in un centro ad accesso chiuso e controllato (CCAC). Nonostante ciò, rispetto ad altri CCAC sulla terraferma e in altre isole, il manager del campo di Mavrovouni sembra essere più incline ad una collaborazione con le organizzazioni non governative attive in loco, ovvero quelle che riescono a concludere il procedimento burocratico di registrazione presso il Ministero della migrazione.
Infatti, all’interno del campo di Mavrovouni, alcune organizzazioni hanno realizzato spazi comunitari per donne e per uomini, così come spazi educativi per bambini e una libreria. Non solo, nell'ultima settimana di febbraio l’UNHCR, in collaborazione con alcune associazioni locali, ha organizzato una job fair per i residenti del campo a cui molti ristoratori, albergatori e agricoltori dell’isola hanno partecipato come datori di lavoro.
Diversa è la situazione nell’isola di Chios, un po’ più a sud di Lesvos, dove si trova il campo di Vial, anche questo ufficialmente un CCAC.
Il campo si trova a due ore a piedi dalla città di Chios e non ospita molte organizzazioni. Secondo l’UNHCR, ad oggi il campo accoglie più di 1.000 persone le quali rimangono al massimo tre o quattro mesi prima di essere trasferite nei campi sulla terraferma.
Molte persone sostengono che l’alto numero degli arrivi sulle isole, e la conseguente sovrappopolazione nei campi, stiano avvenendo a causa della riduzione dei respingimenti da parte della guardia costiera greca dopo il massacro di Pylos, avvenuto a giugno del 2023.
L’ottavo rapporto di Projecting Rights at Borders (PRAB) “Respinti alle frontiere dell’Europa: una crisi continuamente ignorata’’ ha documentato che nel 2023 sono state respinte oltre 28.609 persone e perseguite numerose violazioni dei Diritti Umani alle frontiere europee. Tuttavia, questi numeri rappresentano solo una parte degli effettivi respingimenti illegali. La volontà politica, il coraggio e il realismo nel mettere i Diritti delle persone prima della protezione delle frontiere sembrano assenti dagli accordi politici che si tengono a livello europeo e nazionale.
Accordi come il memorandum tra Italia e Albania e il nuovo patto UE su migrazione e asilo rischiano di compromettere ulteriormente i Diritti delle persone, invece di mettere fine alle violenze e alle stragi umane perpetrate alle frontiere. Alcune delle persone che incontriamo decidono di percorrere la rotta balcanica perché mancano vie legali sicure e sono spesso stanche di aspettare anni dentro i campi profughi. L’attesa, senza certezze e prospettive, è un forma anch'essa di abuso psicologico che investe sistematicamente la vita di queste persone.