Uno, due , tre… stai là!

Mi chiamo Selma ho 4 anni.
Salto la corda 1,2,3 oplà.
Corro insieme agli altri bambini nel campo di Mavrovouni, giochiamo a nascondino e poi di nuovo corriamo tutti quanti dietro a una palla…
1,2,3 stella, ma ecco mi chiama la mia mamma, devo andare alla mia tenda.
Mentre corro saltellando, canto a squarciagola, sul mio viso è stampato un grande sorriso, i miei capelli folti e neri si appiccicano sulla mia fronte sudata, che bello giocare con i miei amici… che bella giornata.
Il sole tramonta e scende la sera sulle tende del campo qui a Lesbo, le stelle cominciano a brillare e vedo la luna che pian piano diventa sempre più grande e illumina la strada che devo fare dalla mia tenda ai bagni chimici: mamma arrivo, vado a lavarmi le mani.
Che fame che ho, la mia mamma ha cucinato il Bolani  e tutta la tenda profuma di cibo succulento.
Finalmente questa sera non c’è nessuno a fare la fila ai bagni, farò presto…

Questi bagni puzzano tanto e sono sempre sporchi, c’è bagnato ovunque, sento che il mio viso cambia espressione, si arricciano gli occhi e il naso e gli angoli delle mie labbra formano un arco verso il basso, non sopporto questa puzza, faccio in fretta mentre ripasso nella mente i giochi fatti oggi.
1,2,3… stai là… mi paralizzo al suono di questa voce, mi giro velocemente e tutto quello che riesco a vedere sono tante gambe di uomini fermi, cerco di andare via, ma di nuovo la voce, questa volta più forte mi dice: “Ti ho detto stai là!”.
Selma, corri, prendi la palla, salta la corda, ti ho visto ti sei mossa… sono le voci dei miei compagni di gioco.
Selma, presto vieni in tenda è pronto da mangiare… sento la voce della mia mamma…
Papà dove sei? Vienimi a salvare da questi uomini, sono troppo forti e mi fanno troppa paura, mi fanno male, troppo male…
Mi alzo da terra e non riesco più a sentire nessuna voce, nemmeno il pavimento del bagno dove quegli uomini mi hanno stesa mi fa più schifo, non sento nulla, non la puzza dei bagni e non il profumo del Bolani della mia tenda. Non sento nulla…
Papà, finalmente mi hai trovata, mi stavi cercando per tutto il campo, nelle tende dei vicini…
Non so dirti quanti erano, ricordo solo tante gambe e tante mani e poi… tanto dolore che mi ha tagliato l’anima.  
Papà si toglie la maglietta per mettermela addosso, mi prende in braccio mentre lo sento piangere angosciato, penso: Sei arrabbiato? Scusa papà, non volevo.
Arriviamo in tenda e vedo mamma e papà disperati, io non riesco a parlare, non riesco a muovermi, riesco solo a pensare che non volevo… io non volevo… mamma scusami pure tu.
Quando eravamo in Afghanistan sentivo mamma e papà parlare di un posto che si chiama Europa, dicevano che lì saremmo stati tutti felici, avremmo vissuto liberi e io avrei potuto frequentare la scuola… invece siamo arrivati in questo posto, in quest’isola, in questo campo fatto di tante tende dove viviamo tutti insieme e non c’è nessuno che si prenda cura di noi.
Questa notte è tanto lunga, non riesco a dormire, mamma, papà portatemi via di qua, portatemi dove avevate detto che saremmo stati felici, portatemi in questo posto chiamato Europa.

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Le condizioni di vita nel campo profughi di Mavrovouni continuano a impedire ai bambini di avere accesso ad un ambiente sicuro, fondamentale per la loro crescita.
Solo una piccolissima percentuale di loro, inoltre, frequenta la scuola pubblica o ha accesso alle attività sportive. La maggioranza è costretta a frequentare lezioni informali organizzate dalle ONG presenti sull’isola.
Tra gennaio e ottobre 2021, il team di medici e psicologi di Medici Senza Frontiere hanno assistito circa 70 bambini con problemi di salute mentale.
L’equipe ha affermato che oltre la metà di loro soffriva di disturbi da stress post-traumatico e molti presentavano sintomi di ansia e depressione.
Circa il 40% ha assistito a episodi di violenza o omicidi, il 44% ha vissuto almeno un episodio in cui la loro vita era in pericolo; mentre il restante ha subito qualche forma di abuso.
Si riscontrano dati agghiaccianti di Medici Senza Frontiere che dichiarano un alto tasso di tentativi di suicidio e autolesionismo tra adolescenti e bambini come conseguenza alle atrocità subite nel Paese d’origine e a quelle che si trovano tutt’ora ad affrontare in Europa.
Gli esseri più vulnerabili, quelli che dovrebbero ricevere più cura e protezione, si ritrovano a vivere nell’angoscia e nella paura.
Questo triste patrimonio di ricordi li seguirà per tutta la vita, lasciando segni indelebili, cicatrici che dureranno per sempre. Per questa ragione è di vitale importanza che i Diritti di questi bambini siano realizzati e protetti.

www.infomigrants.net/en/post/35023/lack-of-schooling-constant-stress-and-nightmares-child-refugees-are-the-first-victims
www.msf.org/child-refugees-lesbos-are-increasingly-self-harming-and-attempting-suicide