Diario dal Libano - Giorno 59


GIORNO 59

A Telabbas ancora una volta ci ha toccato il desiderio di incontrarci e di raccontarsi delle famiglie siriane, che lì vivono ammassate nei garage, lungo una strada in particolare. A. el K. , come tanti altri, ha insistito sulla fratellanza tra musulmani e cristiani, prima di tutto esseri umani.

Sua cognata N. , di 20 anni, ci ha letto uno dei racconti in inglese che ama scrivere. Da K. abbiamo assistito all'abbraccio fra le lacrime tra i nipoti e i nonni, appena arrivati dalla Siria. Non si vedevano da un anno. Poi non siamo riusciti a rifiutare il pranzo offertoci. Alcuni sperano di tornare fra pochi mesi in Siria, altri pensano che ci vorranno almeno dieci anni. La fiducia nel meeting di Ginevra del 22 gennaio e' molto tenue. Una nostra amica siriana l'ha definito un incontro fra mercanti di guerra.
R. , la figlia del prete ortodosso di Telabbas, ci ha accolto in casa e offerto da dormire. Abbiamo sentito la fatica di queste persone, intorno alle duemila, a vivere accanto a così tanti rifugiati. Hanno riempito tre pick-up di vestiti per i profughi e li hanno mandati a Beirut. Ma le migliaia a poche centinaia di metri sembrano in un mondo incomunicante.
Abbiamo anche fatto visita alle suore francescane di Menjez, a due km dal confine. Hanno una bella scuola in cui seguono anche i disabili. Ogni tanto qualche scheggia di bomba arriva fino li. Alcune sono serene, altre vivono nella paura.
Gli ultimi due giorni, fra Tripoli e Beirut, sono stati di saluti alle tante persone che ci hanno accompagnato, consigliato e ospitato in questo viaggio. Il clima insolitamente mite di questo periodo mi ha permesso anche una nuotata in mare...
Tra pochi minuti saremo sull'aereo per l'Italia, ma un pezzo di Libano e di Siria lo portiamo con noi. Speriamo di averlo portato un poco anche a voi.
Buongiorno da Beirut.

Corrado