Diario dal Libano - Giorno 88


GIORNO 88 - Terzo Viaggio (Ultimo giorno?)

Siamo a Beirut. Fra poche ore si parte.
Partiamo con le lacrime di B. mentre ci salutava. Proprio lei, donna forte e "matriarca" della piccola comunità di tende di Telabbas con cui abbiamo vissuto l'ultimo periodo, con la nostra tenda.
Partiamo col peso di N., che nonostante i nostri scongiuri vuole provare il viaggio della disperazione con sua moglie e i quattro bimbi piccoli: via nave verso l'Italia.

Meglio rischiare che tutti muoiano piuttosto che continuare a vivere cosi, ci dice. Dopo che ha finito i soldi vive in un campo di tende finanziato da uno sceicco saudita, a Telabbas. Fonti attendibili ci hanno detto che tale sceicco pratica abusi e matrimoni brevi con le ragazzine: sposate per pochi mesi e divorziate in cambio di aiuto e protezione. Abbiamo passato un po' di tempo anche in questo altro campo, vicino alla nostra tenda.
Partiamo con A. che ci dice che un poco morirà senza di noi, e ci abbraccia. Lui continua a lottare per mantenere aperto il suo negozio di focacce (manaheesh), fra eterne sfortune e problemi economici. Con lui e altri ragazzi abbiamo legato, tra passeggiate, chiacchierate e partite di calcio.
Partiamo con il ringraziamento di V., il futuro prete di Telabbas, per essere stati un'occasione per lui di incontrare i profughi che gli vivono accanto e che non avrebbe conosciuto. E' venuto alla nostra festicciola di saluto, al nostro garage, ed ha parlato di religione e politica con un nostro amico sheihk siriano. "La vostra vita mi ricorda quella dei monaci, è vero Vangelo. Avete costretto la gente di qui a interrogarsi, rompendo le regole".
Partiamo con M., che lotta per la vita dei suoi due bimbi talassemici.
V. ci ha dato dei soldi per comprare il frigo. Abbiamo passato con lei una giornata a sistemarle il tetto della tenda per renderla più fresca, con il consiglio e l'aiuto dei nostri amici zingari, esperti del settore. E' preoccupata che non ci saremo. Le lasciamo dei contatti di nostri amici.
Ale dona il sangue.
Partiamo con il pensiero di una guerra che macina vite, con fondamentalisti religiosi sempre più forti, un regime che trionfa con discutibili elezioni, un governo libanese che punta a ricacciare indietro i rifugiati. Ieri fra mille peripezie siamo stati ad Arsal, un'enclave sunnita sulle montagne, stretta fra l'esercito regolare siriano ed Hetzbollah. 120.000 rifugiati in un paese di 40.000.
Campi profughi a non finire.
Lì arrivano missili ed incursioni con elicotteri. Un pezzo di terra libanese ma un po' Siria.
Partiamo anche noi con qualche lacrima, con la ricchezza e l'umanità di tante persone, e la voglia di tornare.
Buonanotte da Beirut.

Corrado