Ritornare

Libano/Siria

Volevo mantenere la promessa fatta quando me ne sono andata. Volevo tornare da loro, dalla mia famiglia siriana. Così sono ripartita, non sapendo bene cosa aspettarmi, con il cuore che batteva forte dall'emozione.

Tornare ed avere la sensazione di non essermene mai andata: è bastato un attimo. Appena sono entrata nel campo, erano tutti lì, che ci aspettavano. C'è stato un lungo momento di abbracci, di quelli stretti stretti il cui calore ti rimane addosso anche dopo che ti sei staccato.
C'è della poesia in tutto ciò.
E' una di quelle cose che non puoi percepire solo con la vista o con uno degli altri sensi. La respiri nell'aria, la vedi negli occhi delle persone, la ascolti nelle loro parole e nei loro racconti. Mi sento privilegiata.

Una sera parlando con A., seduti in terra tra le due tende, mi sono venute le lacrime agli occhi. Noi, pur vivendo qui con loro, non possiamo provare il senso di impotenza, il dolore, la rabbia, la nostalgia che ho visto nei suoi occhi. “Vivere in Libano è come vivere nella notte scura”.
Sono scappati dalla Siria per avere la libertà che in Libano non hanno trovato.
Qualche giorno prima H. mi diceva che il Libano e la Siria sono la stessa cosa, eccezion fatta per le bombe. Ma qui sono prigionieri in un Paese che non li vuole e che allo stesso tempo non gli permette di andare via. Senza documenti, senza la possibilità di lavorare, con il passato sepolto sotto le macerie di Homs e senza futuro né per loro né per i loro figli.
Vorrebbe andarsene H., qui non c'è posto per lui. Ci ha provato a lottare per rendere migliore la vita al suo popolo, ma gli hanno chiuso tutte le strade. Ora l'unica cosa che vuole è andarsene, ma è preoccupato di abbandonare chi non può partire.
“Io ho un unico desiderio: essere considerato un essere umano, non voglio essere il profugo siriano scappato dalla guerra, io voglio solo essere H.”.

Eppure, nonostante tutto, la forza della vita prevale sempre.
Nietzsche diceva che se hai un perché superi ogni come. Il perché è la vita, la condivisione, la generosità e la voglia di esserci.
A. mi ha detto di voler scrivere un diario di ricordi, per avere sempre in mente tutto il bello che c'è.

Certo ci sono momenti in cui il senso di impotenza rischia di farti crollare, tutta la sofferenza che ti circonda rischia di schiacciarti. Quella sera avevo un nodo in gola mentre A. mi diceva di aver perso le speranze di tornare in Siria.
Ma ogni volta, nei gesti, nelle parole e negli occhi di queste persone, vedo un'energia ed una luce che, seppur oscurate, non si stancano di brillare.

Io voglio continuare a vedere quella luce, e sperare che un giorno potrà brillare nella sua pienezza. Voglio continuare a credere ad una frase che ha detto un mio amico una sera d'estate al campo, e che mi è rimasta scolpita dentro “è troppo più forte il bello, solo che la gente ancora non lo sa”.

marwa