Sospesi tra terra e mare

Libano/Siria

Junie.
Issam guarda i quadri variopinti appesi in casa sua con gli occhi pieni di nostalgia e di passione. Vive con la sua famiglia arroccato su un lato della catena del Monte Libano, un villaggio piccolo di tradizione cristiana. Amo questo posto perché da qui domini la vallata, guardi verso il mare e respiri la brezza della foresta e della neve. Anche questo è il Libano, mare e montagna nel raggio di una decina di chilometri, e ancora acqua e fuoco. Etnie, religioni e tradizioni che convivono più o meno volentieri e che periodicamente si scontrano in un turbine di rivendicazioni.

Il Monte Libano dove vive Issam ha una tradizione prolungata di assedi e resistenze, le prime comunità cristiane qui, insediatesi anche per motivazioni politiche dal potere Bizantino, subirono l’oppressione nel lungo periodo della dominazione Ottomana. Nel secolo successivo, durante il mandato coloniale francese, fu sempre su queste montagne che Sultan Atrash (un condottiero Druso che aveva già combattuto i Turchi per l’autonomia della regione) iniziò la rivolta contro i nuovi occupanti Europei. Nella storia locale questo periodo viene definito come la Grande Rivolta Siriana, che come molti altri tragici eventi nella storia verrà soffocata nel sangue con decine di migliaia di morti causati dall’esercito francese e della sua aviazione moderna.
Qui un breve estratto tratto dal libro: “Siria, dagli Ottomani agli Asad. E oltre” edito da Mondadori Università e scritto dal giornalista Lorenzo Trombetta.  Rileggendo questi spezzoni alla luce dei recenti resoconti di quanto sta succedendo oltre confine, nella guerra Siriana contemporanea e nella brutale repressione del regime degli Asad vengono i brividi. Si scopre che, forse, la storia si ripete ciclicamente. Riscopriamo l’importanza della memoria e di come tutto ciò che non viene rielaborato costruttivamente è destinato a ripetersi in forme e modi differenti.
[…] Come le autorità francesi avevano temuto, l’attivismo dei ribelli raggiunse presto i margini della capitale, diffondendosi nelle campagne circostanti, negli orti della Ghouta e nel sobborgo di Maydan che sorgeva lungo la strada per l’Hawran, la Transgiordania e l’Hijaz. Le autorità francesi risposero alle azioni di guerriglia a Damasco con devastanti bombardamenti aerei e di artiglieria che per due giorni distrussero ampie zone della città e uccisero più di un migliaio di abitanti. Ma il bombardamento non dette gli effetti desiderati. Invece che pacificare la popolazione terrorizzandola, portò ad un rabbioso allargamento della ribellione. Bande di guerriglieri assunsero il controllo della campagna attorno a Damasco […]
Lascio il pensiero e lo studio della Grande Rivolta Siriana in un angolo della mente e torno a concentrarmi su Issam, i suoi quadri sono opere d’arte che narrano la storia del suo Paese nel corso degli ultimi trent’anni. Anni in cui si sono susseguite guerre ed elezioni, sante messe e stragi, in un crescendo di tensioni confessionali e bancarotte fraudolente. Il Libano, dopo essere stato nei secoli antichi dei Fenici terra di commercio e di scambio tra culture diverse, è diventato  oggi terra di predominio economico e di interessi stranieri. Il volto peggiore dello sviluppo capitalistico sfrenato lo si nota ovunque, dagli enormi cartelli pubblicitari che oscurano le i reperti storici, alle sedi di banche e assicurazioni che hanno occupato lo storico centro di Beirut. Dopo la guerra civile Libanese sono stati i grandi capitali liquidi a ricostruire parte di ciò che era stato distrutto, cancellando molto dell’identità collettiva delle popolazioni e delle culture che lo hanno vissuto e animato per millenni. Al posto dei suq oggi troviamo grandi firme della moda europea e agenzie immobiliari e di investimento, la Storia è relegata in un angolo, lasciata cercare solo dalle anime più volenterose.
Issam ha vissuto gli anni della sua giovinezza a volte in fuga e a volte in viaggio, i suoi quadri parlano da soli. Hanno la voce dei vivi e dei morti. Il canto del popolo che soffre per la sua terra violentata. Sembra sentire queste voci di tempera e di pennello dire: “Vi conosciamo, voi ci precedete, nella strada che unisce tanti destini”. Uno dei quadri rappresenta uno scontro tra milizie libanesi alla fine degli anni 80, un bombardamento che ancora oggi  Issam ricorda con amarezza. La tela mi ricorda molto Guernica di Picasso, non traspare nessun sentimento positivo, braccia alzate, dolore e grida levate al cielo in un estremo tentativo di difesa, nella volta scura si alza uno stormo di uccelli neri. La forza bruta contro volti e storie umane, ancora una volta è un contesto che si ripete oggi?
Questa domanda risuona dentro di me, mentre faccio colazione guardando le montagne innevate davanti a casa, cosa rimane dopo tanta violenza in un Paese? Cosa rimarrà per ricostruire?
Mentre scrivo queste ultime parole mi fermo e mi passano in mente tanti ricordi, volti, sorrisi. Primo Levi, ancora una volta mi sorprende con la sua consapevolezza: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Ha scritto questa frase commentando Se questo è un uomo, una testimonianza di come alcuni orrori non debbano mai più ripetersi. Non esiste una formula per dare un senso a ciò che un senso non può avere, esiste solo la possibilità di investire il tempo che si ha a disposizione per costruire qualcosa di diverso. Alla faccia di chi ci vuole male.
Guardo Issam scherzare con Tareq, suo figlio appena alzato, mi invita a venire a vedere una piccola scultura fatta proprio da lui. Entriamo nel piccolo studio da cui filtra la luce del sole. Intorno ci sono tanti dei lavori che le persone e le comunità gli commissionano, da restauri a ritratti di santi da appendere per le strade e nelle chiese. Andiamo verso un tavolo, sopra vedo una piccola scultura in creta rivestita di resina, rappresenta un pugno chiuso levato verso il cielo. Mi ricorda quello per cui tante persone e associazioni stanno lottando, in forme diverse e in luoghi diversi.
“Queste dita? Da sole le possono spezzare facilmente, ma se si uniscono e si stringono le une alle altre sarà molto più difficile colpirle”.
Ale