Abudi e Abudi si abbracciano in mezzo al campo da calcio

Non so perché, ma è una delle immagini che per prime mi saltano in mente quando lascio la testa libera di tornare a Tel Abbas.
Abudi e Abudi hanno quasi lo stesso nome, quasi la stessa età.
Abdelrazak viene da Aleppo,  ha quattro fratelli più grandi e quattro più piccoli, lui sta proprio nel mezzo. Ha grandi occhi nocciola come quelli di sua mamma e di molti suoi fratelli, un sorriso atomico.

Abdelkarim è di Homs. Vive con due sorelle più piccole, il papà e la sua nuova moglie, che ha imparato a chiamare mamma dopo che la sua non è sopravvissuta alle bombe. Ha guance rotonde sempre rosse e gli occhi sottili e attenti di quei bambini che osservano ogni cosa.
Abdelkarim è stato il mio compagno di squadra giocando a carte nella tenda di suo papà: troppo tardi mi sono accorta che il gioco non lo sapeva neanche lui.
Abdelrazak non è il mio bambino preferito perché non si può averne, se si potesse lo sarebbe.
Abudi e Abudi hanno quasi lo stessa storia.
Hanno vissuto insieme in quel pezzetto di terra che è il campo di Tel Abbas. Da un lato la tenda di Abdelkarim, dall’altra le tende, una non basta, di Abdelrazak e dei suoi fratelli. Proprio nel mezzo fra le due, quella dei volontari della Colomba.
Si sono aspettati tutti i giorni per andare a scuola e poi per giocare insieme.
L’ultima volta che li abbiamo accompagnati a giocare al campetto da calcio, all’ora di tornare indietro, Abderazak mi ha convinto a lasciare lui e il suo amico a rimanere di più con uno dei suoi fratelli grandi. Quando gli ho detto ok, sono esplosi di gioia e si sono abbracciati saltando.
Quest’abbraccio mi ritorna in mente continuamente.
Pochi giorni dopo Abudi e Abudi si riabbracciano. Questa volta sono al campo, davanti alle loro tende: quella di Abdelrazak come sempre piena di persone e con lo sfrigolio dell’olio in padella di sottofondo. Quella d Abdelkarim è silenziosa, è completamente vuota. Sono un paio di giorni che c’è un gran via vai di persone che entrano per salutare o per portarsi via un pezzetto di tenda: un frigorifero, le pentole, il fornelletto a gas.
Abdelkarim sta per partire: lui e la sua famiglia fanno parte di uno dei corridoi umanitari che li porterà in Italia.
Negli ultimi giorni che ha passato al campo li ho osservati spesso: chissà cosa pensano. Non sono bambini che parlano tanto, ma chissà cosa devono avere dentro. Non è la prima volta che lasciano indietro un amico. Hanno dieci anni e il loro mondo è stato messo sottosopra già tante volte, hanno accumulato già tante ferite, hanno la pelle spessa, Abudi e Abudi.
Chissà se anche loro come me ripensano a quell’abbraccio, chiedendosi se ce ne saranno altri.
Abdelrazak dal campo guarda il pulmino allontanarsi carico di valigie.
Abudi e Abudi hanno quasi lo stesso nome, quasi la stessa storia.

Mati