Perché una proposta di pace per la Siria

La guerra in Siria

Dal marzo 2011 la guerra in Siria ha causato e continua a causare una tragedia umana di immani proporzioni. Mentre una soluzione politica non è ancora stata trovata, in Siria continuano ad aver luogo violazioni dei diritti umani, abusi, uccisioni e scontri armati in un contesto di diffusa insicurezza e assenza di ogni garanzia per la salvaguardia dei diritti delle persone.

Le cifre sono incerte, a causa delle difficoltà nel raccogliere e verificare i dati, ma al quinto anno di guerra si contano più di 300.00 di morti e più di un milione di feriti 1. Inoltre più della metà dell'intera popolazione siriana è stata costretta a lasciare le proprie case, anche più di una volta, registrando la Siria come la più grande crisi di sfollamento globale2. I siriani sono diventati la più grande popolazione di rifugiati sotto il mandato dell'Alto Commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR), un popolo in fuga dalla guerra. Gli sfollati interni alla Siria sono più di 7,6 milioni3 e 3,9 sono i profughi4, di cui circa il 95% è accolto in cinque paesi: la Turchia sta accogliendo oltre 1,7 milioni di rifugiati, la Giordania 628 mila, l'Iraq 248 mila, l'Egitto 133 mila, infine in Libano, un Paese di circa 4,5 milioni di abitanti, nel quale tutt'ora risiedono mezzo milione di profughi palestinesi, i rifugiati siriani registrati dall'UNHCR sono circa 1,2 milioni e molti altri sono presenti nel Paese senza registrazione5. I Paesi ospitanti della regione mediorientale sono sempre più in difficoltà nell'affrontare la situazione, e gli aiuti umanitari da parte della Comunità Internazionale divengono sempre più scarsi: basti pensare che i fondi programmati dall'UNHCR nel 2015 per rispondere alla crisi regionale, dovuta all'accoglienza dei profughi siriani, sono stati coperti solo per il 10% 6.

La nostra presenza tra i profughi siriani in Libano
Dall'inizio del conflitto siriano il Libano ha mantenuto i confini aperti e accolto i siriani in fuga, ma a distanza di quattro anni e senza la prospettiva di una fine della guerra, il Paese dei cedri sta raggiungendo un punto critico e un livello elevato di tensione sociale e politica. A causa del sovrappopolamento il sistema economico, sanitario, sociale e dei servizi di base stanno collassando, mentre la disoccupazione aumenta insieme alla povertà sia per i profughi accolti, che per gli stessi libanesi. Dall'altra parte il coinvolgimento diretto del Libano nella guerra siriana, di cui spesso i combattimenti avvengono anche lungo i confini libanesi, genera una condizione di permanente insicurezza e rischio, così i civili che hanno tentato di scappare dalla guerra rischiano di essere coinvolti in un'altra.
Inoltre, il Libano non è firmatario della Convenzione sullo status dei rifugiati, quindi il governo libanese ha rifiutato la creazione di campi profughi ufficiali e il riconoscimento dello status di rifugiati ai siriani.
L'assenza di campi profughi gestiti dalle agenzie e dalle organizzazioni internazionali aggrava la precarietà dei profughi siriani in Libano e le sistemazioni abitative sono costituite da garage, case fatiscenti o in costruzione, campi profughi informali costituiti da tende o baracche errette da loro stessi su terreni in affitto. La non sostenibilità del pagamento degli affitti, l'aumento considerevole del consumo di acqua ed elettricità e l'aumento della tensione tra la popolazione locale e i siriani in alcune zone, a portato un'ondata di sfratti e solamente del settembre 2014, sono state sfrattate delle loro sistemazioni abitative quasi 5'000 persone7. Un ulteriore aspetto critico è lo status legale dei rifugiati siriani in Libano, i quali affrontano numerose restrizioni per ottenere un visto regolare.

Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, è presente in Libano dal settembre 2013, prima con viaggi esplorativi in tutto il Paese, poi, a partire dall'aprile 2014, stabilendosi nel campo profughi e nel villaggio di Tel Abbas, a 5 chilometri dal confine con la Siria.
Sono stati i profughi stessi, dopo avere ricevuto ripetute minacce e violenze da parte di alcuni libanesi del luogo, a chiederci di vivere stabilmente con loro, perché la nostra presenza rappresenta un forte deterrente alle violenze.
La nostra presenza non solo riduce il livello di violenza, ma diventa indirettamente fonte di sicurezza anche per i libanesi che, impauriti dalla presenza dell'ISIS nel territorio, vedono in ogni siriano un potenziale terrorista.
Vivendo al campo “dimostriamo” che quelle persone non rappresentano un pericolo.

La vita nel campo profughi è difficile e precaria. I siriani rischiano la vita ogni giorno a causa delle precarie condizioni in cui vivono. Le tende, sono baracche di legno e cartone ricoperte di nylon, in cui i fili che portano l’elettricità spesso sono scoperti, entra l'acqua quando piove, si stracciano quando c'è vento forte e trattengono il calore d'estate. Attività semplici come cucinare, riscaldare, mangiare, dormire, in queste condizioni diventano pericolose.

Nel campo in cui vivono i volontari di Operazione colomba sono presenti circa 250 persone di cui la metà bambini, che vivono in 50 tende. Le tende sono baracche di circa 25 metri quadrati a distanza di meno di un metro l'una dalle altre. Non c'è intimità e nemmeno igiene. I bambini si ammalano spesso a causa delle condizioni e il contagio malattie è quasi inevitabile.
Sebbene l'affitto sia più basso rispetto a quello di una stanza o di un garage, per vivere al campo i profughi devono pagare anche per avere una baracca l’uso della terra. Le persone che vivono nei campi sono le più disperate e affaticate, non possono economicamente permettersi un'altra alternativa. Si concentrano così in poco spazio molte situazioni problematiche: vedove, malati, disabili (amputati a causa della guerra), uomini fisicamente o psicologicamente non in grado di lavorare e molti bambini.

I volontari di Operazione Colomba, inoltre, cercano di promuovere con la loro presenza la conoscenza tra siriani e la comunità libanesi e le ONG che possono aiutare con aiuti materiali.
Rimangono con i rifugiati in ogni circostanza incoraggiandoli in tutte le sfide quotidiane, affinché non perdano la speranza e la dignità.


La proposta

Grazie agli anni anni vissuti insieme ai profughi siriani nei campi profughi del Libano abbiamo potuto raccogliere alcune delle loro richieste, che rappresentano quelle di molti altri scappati dalla guerra in Siria per non dover essere obbligati a combattere o per non essere uccisi.
Insieme abbiamo elaborato una proposta per dar loro la possibilità di non essere solo profughi ma di esprimersi sul futuro della propria terra. Pensiamo sia importante aggiungere una componente civile al tavolo della trattative.
Uno dei punti della proposta di pace è la creazione di Zone Umanitarie, secondo l'esempio della Comunità di Pace di San José de Apartadò. Questa comunità, come altre esperienze indigene, contadine ed afrocolombiane che in Colombia si oppongono in maniera nonviolenta alla guerra, all’ingiustizia ed allo sfollamento forzato, resiste al terrore generato dalle azioni violente dei gruppi armati contro la popolazione civile ed alla tentazione permanente della vendetta, cosa per niente facile quando le aggressioni sofferte permangono nella più totale impunità. La Comunità di Pace di San José de Apartadò è stata riconosciuta dall'Alta Corte Interamericana ed ha chiesto una protezione internazionale disarmata, accordata da Peace Birigades International, FOR e Operazione Colomba.
Ci facciamo portatori di questa proposta perché desideriamo, fino a mettere in gioco le nostre vite, che questi rifugiati siriani, insieme a tutti i profughi ed ai siriani tutti, possano avere giustizia, pace e dignità.

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Per contatti:
Alberto Capannini
Tel. +39 0541 29005
Mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

1 UNOCHA (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, http://www.unocha.org/syria), il 15 aprile 2015.

2 UNOCHA (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), http://www.unocha.org/syria), il 15 aprile 2015

3 UNOCHA (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), Updated overview: 2015 Syria response plan and 2015-2016 regional refugee and resilience plan.

4 UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), Syria Regional Refugee Response, Inter-agency Information Sharing Portal, il 15 aprile 2015

5 UNOCHA (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), Lebanon Crisis Response Plane 2015-2016

6 UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), Regional Refugee and Resilience Plan 2015-2016, Regional Strategic Overview, 2015 UNHCR Income as of 7 April 2015

7 Amnesty International, Left out in the cold: Syrian refugees abandoned by international community, DATA