In un campo di fragole

Fra le famiglie visitate in queste settimane quella di oggi è sicuramente la più povera. Si tratta infatti di tre cugini, con rispettive mogli e figli, concretamente sei, nove e sette, più un quarto nucleo familiare composto da madre e nove figli.
Vivono in mezzo ad un campo di fragole, che coltivano in cambio delle umili tende in cui vivono.

Anche loro, come tutte le persone incontrate, sono dovute scappare dalla guerra, investire una montagna di soldi per giungere fino in Libano per poter poi continuare a vivere di stenti.

Grazie ai volontari di Operazione Colomba erano riusciti ad ottenere dei beni di prima necessità come materassi, cuscini, bombola del gas e stoviglie; al di là di questo, non hanno ricevuto e non ricevono nessuno sostegno economico: niente carta del cibo, niente carta del gasolio e nessun contributo da parte delle Nazioni Unite.

Probabilmente non sanno neanche della loro esistenza, sono solo una delle tante famiglie in cerca di aiuto. E dire che sarebbe sufficiente poco. Chiedono aiuto si, però senza pregare o supplicare; sono in una condizione critica però non sono disperati. Si rimboccano le maniche, in senso figurativo e non, e cercano di guadagnarsi da vivere giornalmente.

Mi rendo conto come nessuno dei presenti nella tenda abbia un minimo di progetto per il futuro: da un lato gli adulti provati dai lunghi viaggi per scappare al conflitto, dall’altro i ragazzi obbligati a lavorare per rispondere a colpe non loro.

Saluto, esco dalla tenda e mi rimane in testa l’immagine dei due figli piccoli del ‘proprietario’ della tenda: Omar, 4 anni che si litiga una sigaretta del padre come se fosse un gioco, e se la fuma, fino all’ultimo tiro. E dall’altro lato della stanza la sorella gemella, che dorme; attorno uno sciame di zanzare come se fosse la carcassa di un animale morto.

Eppure, non servirebbe tanto per aiutarli.

Federico