Ritornano le fiamme

Ci sono giorni in cui la vita qui scorre quasi tranquilla, avanzando al ritmo della quotidianità. Sempre interrotto da emergenze varie ed eventuali, dalla gente che viene a chiederci le cose più varie e disparate.
La peculiarità del nostro progetto è proprio il vivere qui, il condividere le giornate e, per quanto possibile, le gioie ed i dolori.
Non abbiamo grandi risorse né grandi poteri, ma mettiamo un pezzettino della nostra esistenza in condivisione con quella di altre persone, sperando che questo riesca a fare un poco di differenza in un mondo così ingiusto da far pesare un passaporto come un macigno.
Vediamo ogni giorno le mille difficoltà in cui vivono i siriani, ci appare evidente e chiara la mancanza delle condizioni minime di dignità.

Eppure, è importante che non ci passi mai di mente ciò che è ovvio, ma che rischia di essere dato per scontato: vivere in un campo profughi è tutto tranne che normale, e questo è uno di quei posti che non dovrebbero esistere al mondo.
Anche se la vita è forte e va avanti testarda, anche se molti bambini qui ci sono nati e cresciuti.
In un tranquillo pomeriggio dedicato alle pulizie della tenda, la crudele realtà ti richiama a sé, come uno schiaffo.
Ed ha la voce di tutta la gente del campo che, correndo, urla una parola sola: fuoco.
Per un secondo il tempo si blocca e le voci sembrano venire da lontano, non può star succedendo di nuovo.
Il secondo incendio nel giro di una settimana.
"Siamo sopravvissuti alla guerra ed ai bombardamenti, non possiamo morire così in un campo profughi", diceva Abu M. proprio ieri, commentando l'incendio della scuola avvenuto giorni fa.
Interrompiamo ogni cosa e corriamo verso l'incendio.
Sta andando a fuoco la tenda di una donna che conosciamo bene: una donna che è fatta di forza, abbracci, coraggio e tenerezza.
Si chiama Zahra e una volta ha affrontato un uomo, a Raqqa, la sua città.
Quell'uomo le diceva di coprirsi il volto ed apparteneva ai gruppi dell'ISIS.
Lei non ci ha pensato troppo prima di rispondergli che poteva coprirsi lui se voleva e che a lei doveva solo rispetto, con la spontaneità che solo chi non concepisce il male può avere.
Zahra ha affrontato l'ISIS, ha dato la vita a 18 figli, uno portato via dalla guerra, che vive ancora attraverso di lei.
Oggi era spaventata e piangeva perché le fiamme l'hanno colta di sorpresa, mentre era nella sua tenda con sua figlia e due nipotini.
Oggi Zahra era vulnerabile, disarmata dalle fiamme.
Proprio questo pomeriggio al campo c'era stata una distribuzione di estintori.
Inutile chiedersi come sarebbe andata se invece fosse successo ieri, se fosse successo di notte. Inutile come coprirsi il naso per non sentire la puzza di fumo e di terrore.
L'incendio è stato spento e le lacrime di Zahra asciugate.
Ora rimangono una tenda danneggiata, sospiri di sollievo, cenere e tanta rabbia, per una condizione di vita che non può essere ignorata o tollerata.

P.