Il dono

È strano dire ad un amico che in questo momento non può tornare a casa, perché è distrutta, e che il villaggio in cui ha mosso i primi passi ed è cresciuto ora è ridotto a un cumulo di macerie che si estende per chilometri.
Quando entri in un Paese in guerra ti senti investito di tutta la responsabilità del mondo, verso la tua famiglia, verso te stesso, e verso i profughi che in quello Stato vorrebbero poterci ritornare, se non fossero stati banditi dalla violenza e dalla sopraffazione.
Vorresti dirgli che ti dispiace, e che il cammino nel Paese martoriato lo hai fatto anche e soprattutto per loro, coloro ai quali il conflitto ha chiuso le porte del futuro.

Provi a sintetizzare quello che senti dentro, e ciò che viene fuori è come ferro fuso dal fuoco, in una forma nuova ed irripetibile.
Comprendi che sei portatore di qualcosa più grande, e che puoi solo intuire, come percepisci il vento sulla faccia senza vederlo.
Senti che, a dispetto della distruzione generale, nel cuore viene scandito un battito continuo.
Un battito che parla, ti suggerisce che non sei solo, che il portare nell’anima tanti amici crea una piccola, ma ostinata, luce nel buio.

Ale