Tutto in un momento

Stamattina abbiamo accompagnato Abu Suleyman a trovare Umm Suleyman al cimitero.
Abu Suleiman è un signore di Qusayr, una città vicino al confine siro-libanese che da quanto dicono i suoi abitanti era una città pacifica in cui comunità musulmane sunnite, sciite e cristiane convivevano serenamente, senza discriminazioni, distinzioni e divisioni.
Guardandolo pare di vedere Qusayr proprio così, come è lui: buono di quella bontà piena e sorridente che spesso ho già incontrato in giorni felici e più spesso ho incontrato qui, come per esempio il suo compaesano Sheykh Abdu.
Ho l'impressione che loro due abbiano accumulato dentro il proprio passato pacifico e lo portino con sé come uno zaino di cui non puoi vedere l'interno ma solo provare a immaginare.

Sollevando con forza i loro ricordi, fonte stessa dei loro desideri di pace.

Arrivati al cimitero non vediamo subito la tomba perché è nascosta dalle erbacce.
Mentre nei cimiteri in Italia, o comunque nei Paesi dove non esiste la guerra o la sua ombra, si donano fiori e si posano sui sepolcri, noi abbiamo estirpato le erbacce.
Come se anche dopo la morte non sia concessa loro pace, riposo e rispetto.
Si è mescolato tutto in quel momento: la guerra, il confine (uno stupido confine immaginario, inesistente nella realtà del nostro pianeta), la morte, il passato e il futuro, le speranze e i ricordi. Ognuno con la sua idea di aldilà o di non-aldilà ha guardato verso la tomba di Umm Suleyman e per un attimo il mondo si è fermato, mentre qualcosa si muoveva dentro di noi.
Io ho pensato che è tutto così piccolo che è possibile afferrarlo in un pensiero, se si è in grado con una parola.
Tutto questo è ripetuto ogni giorno davanti ai nostri occhi, sempre uguale e diverso.
A ognuno di loro diamo un nome, sono amici, sono persone a cui vogliamo bene e vogliamo dar del bene.

M.