Nelle montagne libanesi

Oggi siamo andati a trovare la mamma di 2 bambini bellissimi: Y. e M.
Il primo, di 9 anni, è malato di una malattia rara del sangue e necessita di trasfusioni di plasma settimanalmente.
I dottori hanno consigliato alla famiglia di vivere in montagna perché l'aria fresca fa bene al bambino e rallenta leggermente il bisogno delle trasfusioni.
Dalle montagne libanesi si sente un'aria fresca mista al profumo della speranza, la speranza che la famiglia possa al più presto viaggiare per allontanarsi dall'elevato costo della sanità libanese.
Y. ci osserva timido, sta seduto sul divano vicino ai materassi sul pavimento dove io e le altre volontarie siamo sistemate.
Mentre si chiacchiera con la mamma sento costantemente il suo sguardo che mi cerca e piano piano si avvicina
Dopo poco il fratello, un po' più coraggioso, si fa avanti e mi chiede di fare un gioco con le mani. Così dopo pochi secondi mi trovo vicino i 2 fratelli, che con un dolce sorriso provano ad insegnarmi un gioco.
Un po' con uno e un po' con l'altro...
Ogni tanto sbaglio, e loro ridono, ridono.
Lasciano andare via tutta quella timidezza trattenuta fino a quel momento per regalarmi risate sincere.

Giochiamo poi anche alla lotta, stile "Kung fu Panda", sfidando la nostra forza e ridendo alle nostre cadute buffe.
A fine giornata Y. mi porta un pallone.
Ci mettiamo da una parta all'altra della stanza per passarcelo e subito il pallone diventa uno strumento di comunicazione, che passaggio dopo passaggio ci unisce.
La pallavolista che è in me esce fuori.
Mi sento una bambina che non gioca a pallone da anni quando in realtà non è passato neanche un mese.
Ma ora mi sento pronta a non far cadere la palla, a lanciarla con precisione verso Y., a divertirmi con lui che mi sta regalando questo momento di gioco insieme.
La mia attenzione è completamente concentrata sul gioco, sui passaggi veloci.
Tutto pur di far dimenticare per qualche istante la triste realtà in cui si trova a vivere Y., figlio di un padre che non lo ama, che preferisce non viaggiare, nonostante la famiglia abbia la possibilità, per provare in Europa a migliorare le condizioni di salute del bambino.
Per riprendere il film sopra citato (Kung fu Panda), mi viene in mente il consiglio del Maestro Oogway: Ti preoccupi troppo di ciò che era e di ciò che sarà. C'è un detto: "Ieri è storia. Domani è un mistero ma oggi è un dono, per questo si chiama presente".
E allora, non pensare alla tua scuola in Syria e ai tuoi amici che hai dovuto abbandonare, non pensare al futuro dipendente dalle trasfusioni...
Goditi il presente, il gioco e le risate.
Io farò altrettanto: mi voglio godere il tuo dolce sorriso, Y..
Dalle montagne libanesi voglio portarmelo con me fino al Campo di Tel Abbas e, perché no, fino a casa, in Italia.

I.