I miei occhi, le mie orecchie...

Da circa tre settimane sono in Libano con Operazione Colomba.
Qui condividiamo la quotidianità delle famiglie siriane che vivono al campo profughi di Tel Abbas, nella regione di Akkar, a nord del Paese, a circa 5 km dal confine con la Siria. Inizialmente mi ero fatta lo scrupolo di aspettare di capire qualcosa del contesto che mi ospita, prima di condividere qualche riflessione.
Poi mi sono resa conto che, più il tempo passa, più le tessere di mosaico che si aggiungono, complicano il quadro, rendendo sempre più complessa ai miei occhi la comprensione della situazione. Consapevole quindi che una vita non mi basterebbe per capire; che non sono qua per capire, ma per condividere un pezzo di cammino con questo popolo e che per questo viaggio non sono partita da sola, desidero prestarvi i miei occhi, orecchie, naso, bocca e tatto… nella speranza che due parti della stessa umanità possano sfiorarsi.

È ottobre e il sole scalda ancora, la maglia leggera a manica lunga si lascia scuotere dal vento.
Passa una macchina e mi arriva sul volto una nube di polvere, che si è accumulata sull'asfalto disconnesso in questi mesi di siccità.
I piedi si stanno abituando alle diverse superfici: tolte le ciabatte, muovo il primo passo sul cemento fresco della tenda, per poi posare il secondo sul tappeto di rafia intrecciata.
Un paio di passi ancora e posso sedere su un sottile materasso.

Sono tutta accovacciata, le gambe incrociate o piegate su se stesse, attenta a non stenderle verso chi mi sta di fronte, un gesto di malaugurio da queste parti... Le mani, abituate al tanto fare, si limitano a mimare qualche gesto, per provare a far capire al mio interlocutore qualche semplice concetto che altrimenti non so esprimere.
Spesso le mani si posano sulla testa di qualche bimbo, che tra i tanti suoi coetanei, non manca di gettarsi ai fianchi o arrampicarsi sulla schiena per salirmi a cavalcioni sulle spalle.
La pancia intanto gorgoglia, è il mio corpo a ricordarmi che serve tempo e resilienza per inserirsi in un contesto totalmente nuovo. Mentre il mio corpo tocca ed è toccato, anche l'olfatto è stimolato da odori forti… quello sgradevole dei cassonetti, nei quali si accumula spazzatura che al caldo fermenta; quello di spezie orientali che esce dalle botteghe nel Suck di Tripoli.
Accompagnata dall'odore di fumo che spesso ci inebria durante le visite, ho la possibilità di assaporare gusti nuovi... Il tè, il caffè o il mate, abbondantemente zuccherati, preparati dalle donne che ci ospitano.
Queste bevande arrivano al bollore su un fornellino a gas attorno al quale sediamo circolarmente.
Sapore di prezzemolo e di olive, che abbondano sulla mensa e nei campi. Sapore di riso e di carne, pietanza inaccessibile nell'ordinario per i prezzi molto alti, ma che non mancano di offrire alla presenza di un ospite. Sapore di acqua di rose e di arak, attorno al fuoco per la distillazione della grappa presso i Carmelitani di Qubaiat. Un canto tipico della tradizione libanese accompagna le danze e lo scoppiettare del fuoco.
È invece musica più decisa quella che fa da sottofondo, ad alto volume, durante i nostri spostamenti in service.
A questa melodia si unisce, ripetitivo e incessante, il suono dei clacson dei tanti mezzi che affollano le strade in un ordinato disordine. La mattina il canto del gallo che zompetta sul viottolo sassoso tra le tende.
Durante il giorno, a più riprese qualche sparo... Il venerdì, giorno di festa, dalle torri della moschea la voce del muezin, la domenica con gli altoparlanti ad uguale volume la predica del sacerdote ortodosso. La stessa sensazione di iperstimolazione uditiva la vivo nei dialoghi con le persone… fiumi di parole, dai suoni gutturali, dei quali io non capisco che poche espressioni. È però di grande soddisfazione quando riesco a coglierne qualche significato... Parole di riconoscenza per il nostro accompagnare da tempo il cammino di tante famiglie. Parole di abbandono a Dio, utilizzate nell'ordinario delle conversazioni "In shalla", cioè "Se Dio Vorrà", "Amdulillah" cioè "Grazie a Dio" in risposta al "Come stai"... Richieste di aiuto, spesso finanziario per la cura dei tanti bambini ammalati, in un Paese dove la sanità è privata e la crisi economica schiacciante.
Per un siriano, a questa difficoltà, si aggiunge la consapevolezza che, se anche le farmacie possiedono ciò di cui necessita, proprio a causa delle sue origini, i prezzi sono aumentati e talvolta i farmaci non venduti per riservarli alla popolazione locale. Richieste di poter viaggiare verso l'Europa, nella speranza di un futuro migliore. Storie di donne, sole con i loro figli, perché il marito è stato arrestato in Siria.
Arrestato perché ricercato, ricercato perché presunto disertore.
Disertore perché ha disatteso alla leva militare obbligatoria, o ha imbracciato le armi contro il regime di Assad, o ha tentato di fuggire al di fuori dei confini dello Stato in guerra.
Per la persona, arrestato significa torturato e spesso ucciso o lasciato morire, per la famiglia significa disperso… con l’angosciante compagnia del non sapere, quindi non riuscire ad elaborare il lutto. Storie di corpi che portano oggi e per sempre i segni dell'orrore della guerra. Provo a prestarvi i miei occhi. È il tempo della raccolta delle olive, tra le distese di terra arida e ondulata, si ergono grandi città, piccoli villaggi, campi profughi. Tende bianche, adiacenti le une alle altre, ricoperte da teloni, fermati sul tetto con dei copertoni. Cisterne di acqua, che bisogna ricordarsi di riempire la sera nelle poche ore di corrente elettrica a disposizione e che bisogna contingentare nelle ore diurne. Negli spazi comuni tra le tende siedono in cerchio alcune donne, attorno ad un bricco di tè.
Tra le gambe e tutt'intorno, scorrazzano un numero inconteggiabile di bimbi.
Giocano con le trottole alcuni.
Più spesso, purtroppo, si lanciano sassi, alzano le mani, sfoggiando con orgoglio la maglietta dai colori militari. Sulla strada file di automobilisti, esausti dalla lunga attesa, ai distributori di benzina delle grandi città, per la scarsità di combustibili a causa della crisi.
Taniche di carburante rivenduto in nero ai bordi della carreggiata.
Poco dietro botteghe di frutta colorata e animali vivi si alternano a officine con pezzi di ricambio per automobili.

Ecco, vi ho consegnato qualcosa di ciò che ho avuto il privilegio di vedere, toccare, gustare, ascoltare, nel sogno di una fraternità sempre più universale.
A presto!
Giada