La crisi del Libano – Approfondimento dicembre 2021

Con l'acuirsi della crisi economica senza precedenti che investe il Paese, Beirut è diventata una città assai più pericolosa del passato.
A rivelarlo è uno studio della società di analisi beirutina "International Information" sull'aumento delle attività criminali nella capitale libanese.
Secondo questa ricerca, nei primi dieci mesi del 2021 i furti nelle abitazioni sono aumentati del 266% rispetto allo stesso periodo del 2019, gli omicidi sono cresciuti del 101%, mentre i furti di auto sono saliti del 212%. Lo stesso istituto di ricerca riporta che circa 200mila libanesi sono fuggiti dal loro Paese al collasso economico negli ultimi due anni. Accanto a un tipo di migrazione di profughi libanesi, siriani, iracheni dalle sponde mediterranee del Libano verso Cipro, si sono registrate dall'autunno del 2019 circa 160mila partenze di libanesi della classe media, emigrati verso destinazioni considerate meno usuali, come Turchia, Georgia e Armenia. A questa situazione si aggiunge il fatto che secondo alcune stime, il 63% dei libanesi vorrebbe seguire questa tendenza e lasciare il Paese.

Alla crisi emigratoria si affianca la permanente questione dei rifugiati siriani nel Paese. A questo proposito, il Presidente della Repubblica Michel Aoun, parlando con il rappresentante ONU per la Siria, ha ribadito la necessità di rimpatriare i rifugiati siriani.

Per quanto riguarda invece il fermo dei passaggi irregolari dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia, non rimane che il calvario delle centinaia di persone rimaste bloccate in una zona grigia dove non possono né andare in Europa né tornare in Libano.

Il mese di dicembre ha inoltre visto una nuova escalation delle tensioni interne alla diaspora palestinese in Libano. Nel campo profughi palestinese di Burj al Shamali, un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco su un corteo funebre il 12 dicembre. Migliaia di persone stavano partecipando ai funerali di Hamza Shaheen, un militante del movimento islamico Hamas, morto giorni prima in un’esplosione. Hamas ha attribuito la causa della violenta deflagrazione a un cortocircuito elettrico, che ha incendiato un magazzino con bombole d’ossigeno per pazienti Covid. Per altri il magazzino era un deposito di armi. Comunque sia, domenica, mentre la folla sfilava dietro il feretro, sono partite raffiche di armi automatiche che hanno ucciso quattro persone, tre delle quali militanti o simpatizzanti di Hamas. Per il movimento islamico a sparare sono stati uomini del partito rivale Fatah, il quale ha invece negato e condannato l'evento. Nonostante i motivi dell'accaduto non siano chiari, diversi osservatori ipotizzano che queste tensioni siano il riflesso del conflitto tra il movimento islamico al potere a Gaza e il partito al governo dell'Autorità palestinese in Cisgiordania.
Il movimento islamico ormai controlla i campi profughi palestinesi nel sud del Libano e ha nel Paese una maggiore libertà di movimento ed azione rispetto alla Cisgiordania occupata da Israele. D'altra parte, aumenta anche il sentimento di frustrazione dei libanesi nei confronti della perdurante questione dei rifugiati palestinesi, come testimoniato dalle tensioni createsi con la modifica delle regole riguardanti le professioni riservate ai libanesi, proposta a inizio dicembre dal Ministero del lavoro. Quest'ultima permetterebbe ai palestinesi l'accesso a determinati settori d'impiego finora a loro preclusi. L'iniziativa ha scatenato polemiche sia presso esponenti politici libanesi sia presso segmenti della società civile.

All'inizio del mese di dicembre, il Ministro degli Esteri libanese si è recato in visita a Roma per partecipare ai "Med Dialogues", co-organizzati dall'ISPI e dalla Farnesina a Roma. In questa occasione, il ministro Abdallah Bou Habib ha assicurato che le elezioni legislative previste per il 2022 si svolgeranno come previsto, probabilmente con la stessa legge elettorale delle ultime legislative del 2018.
Nel corso del suo intervento, il ministro ha inoltre chiarito che i negoziati con il Fondo Monetario Internazionale non sono ancora stati avviati, perché a suo dire, ci sono ancora molte questioni da definire, legate alla politica monetaria (nel Paese esistono ad oggi tre tassi di cambio tra USD e lira libanese), alla ristrutturazione delle banche commerciali e alla riorganizzazione del settore bancario. Questo stallo è stato parzialmente superato con l'accordo siglato tra il Paese e la Banca Mondiale a dicembre, per il sostegno alle spese di ospedalizzazione per la popolazione libanese. Il 20 dicembre, l'istituzione bancaria internazionale ha inoltre promesso un finanziamento di 37 milioni di dollari per il sostegno agli stipendi degli insegnanti libanesi delle scuole pubbliche, fortemente danneggiati dalla crisi economica.

In questo clima interno, procede la crisi diplomatica, commerciale e politica tra Beirut e l'Arabia Saudita. Il 3 dicembre, ha infatti annunciato le sue dimissioni il Ministro dell'Informazione libanese George Qurdahi, al centro da oltre un mese di una crisi scoppiata a seguito di sue dichiarazioni rilasciate nel corso di un’intervista registrata il 5 agosto, quando il Ministro non era ancora membro dell’esecutivo. In particolare, Kordahi, oltre a ritenere il conflitto in Yemen “assurdo” e futile, ha affermato che i ribelli sciiti Houthi, protagonisti del perdurante conflitto civile in Yemen, agiscono per “autodifesa” e, pertanto, non dovrebbero essere considerati “aggressori”, in quanto impegnati in un guerra di auto-difesa. Le sue dimissioni erano state auspicate da diversi personaggi politici libanesi, inclusi il Presidente del Consiglio Mikati e il politico sunnita Saad Hariri.
Le dichiarazioni di Qurdahi, considerate ostili a Riad, avevano suscitato la dura reazione del regno e dei suoi alleati, Kuwait, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti, che avevano reagito richiamando a ottobre i loro ambasciatori a Beirut ed espellendo gli ambasciatori libanesi nelle rispettive capitali. I Paesi del Golfo hanno inoltre congelato le importazioni commerciali dal Libano e chiesto ai propri cittadini di non recarsi nel Paese, fatto che sta ulteriormente danneggiando il Paese, travolto dalla peggiore crisi finanziaria degli ultimi decenni."
In questo quadro non è mancata la risposta del gruppo paramilitare sciita sostenuto dall’Iran, Hezbollah, il quale ha accusato l’Arabia Saudita di aver “prefabbricato” la crisi in corso con il Libano. Nel frattempo, nonostante gli appelli al dialogo lanciati dal Libano, Riad ha ritenuto “non necessario” trattare con Beirut fino a quando il Paese sarà “dominato” da Hezbollah.
In questo clima di tensioni, il 25 dicembre è stata segnalata l'esplosione di un magazzino di munizioni del "partito di Dio" sulla catena montuosa dell'Antilibano, al confine con la Siria, che pare non aver causato vittime.

Riguardo all'emergenza Covid-19, già a metà del mese in Libano l'80% dei posti letto ospedalieri dedicati ai pazienti Covid erano occupati, secondo quanto riportato dal Presidente della Commissione Salute del parlamento libanese, Assem Araji.
Il sistema sanitario libanese è particolarmente sofferente a causa della crisi economica palesatasi nel 2019, prima dello scoppio della pandemia.
Il governo libanese ha finora deciso di applicare blande misure di contenimento della pandemia: con l'aumento dei casi su scala globale, le autorità hanno imposto un coprifuoco notturno per i non vaccinati dal 17 dicembre al 9 gennaio, e deciso di anticipare le vacanze natalizie al 17 dicembre e di prorogare il rientro a scuola a metà gennaio.
Secondo i dati ufficiali, il tasso di vaccinazione, almeno con prima dose, è del 30% della popolazione residente. Mentre scende al 25% quello delle persone che hanno ricevuto anche la seconda dose. All'indomani di un bilancio quotidiano allarmante, sono stati registrati per l'ultimo giorno dell'anno 4.300 nuovi casi e 17 decessi.

Secondo un'analisi firmata dalla studiosa Lina Katib per ISPI, il 2021 è stato uno degli anni più difficili per il Libano negli ultimi decenni. Il Paese è sprofondato ulteriormente nella crisi finanziaria che ha provocato l'aumento vertiginoso del numero di persone considerate sotto la soglia di povertà, oggi circa l'85%. Secondo alcuni studi poi, il 53% dei libanesi non è stato in grado di procurarsi autonomamente cibo almeno una volta nel corso dell'anno appena concluso.
A metà mese inoltre, si è registrato un nuovo preoccupante record negativo della lira libanese, che in pochi giorni ha perso ulteriore valore rispetto al dollaro statunitense, con un dollaro ora scambiato a oltre 29mila lire e che nei prossimi giorni potrà con molta probabilità arrivare e, forse, superare, quota 30mila.
Il crollo della moneta locale libanese, che ha perso più del 94% del suo valore dall'autunno del 2019, è dovuto a un insieme di cause, prima fra tutte il fallimento del sistema bancario libanese, considerato per decenni tra i più sicuri e stabili di tutto il mondo.
Il panorama politico libanese è più frammentato che mai e dominato da un solo partito, Hezbollah, che sta beneficiando degli sviluppi della crisi finanziaria e di alcuni degli eventi internazionali da cui il Paese è interessato, come la sua crisi con le monarchie sunnite del Golfo. Per il partito sciita, questo consente di continuare a esercitare pressioni per un maggiore avvicinamento del Libano all'Iran come alternativa.