Rabia

Rabia, lo abbiamo conosciuto appena arrivati al campo profughi nei primi anni di progetto.
Ogni volontario ha sentito dire nel suo primo giorno in Libano "lui è Rabia, in arabo vuol dire primavera".
È stato detto a me il primo giorno in Libano, e poi l'ho detto io ai nuovi volontari.
Non capivo perché fosse così importante dire subito il significato del suo nome, sembrerebbe prioritario spiegare perché era ridotto pelle ed ossa.
Sarebbe importante sapere perché la sua mamma ha sempre gli occhi stanchi e perché la nonna fuma una sigaretta dopo l' altra, sempre in ansia e sempre all'erta.
Rabia era primavera prima di tutto, un bambino tutto occhi e poca ciccia.
Si commuovevano tutti quando lo vedono, con lui si gioiva e ci si disperava.
Rabia camminava sull'orlo della morte, la sua famiglia con lui e anche noi ci abbiamo provato.
Rabia era primavera, perché come l'inverno sembra sempre di essere vicini al congelamento totale alla morte, poi respirava di nuovo, rideva.

Rabia ha avuto una febbre tetanica da piccolino per cui è rimasto paralizzato ed è sempre stato soggetto a molte malattie respiratorie, ricoverato praticamente ogni mese, molte volte lo abbiamo portato in ospedale in fin di vita; è stato fatto visitare da diversi medici e tutti ci hanno dato la stessa prognosi “non vivrà a lungo”.
La sua mamma voleva che avesse comunque la possibilità di essere curato.
Hanno sempre rifiutato di partire con i Corridoi Umanitari perché il padre, pur non essendo presente, non ha dato il permesso; la sorellina piccola di Rabia, Amal è morta 3 anni fa affogando in una fogna a cielo aperto del campo.
Amal vuol dire speranza.
Quindi la speranza è morta affogata in una fogna mentre la primavera ha lottato tra la vita e la morte continuamente.
Alcune persone in questi anni hanno sostenuto Rabia e la sua famiglia perché appunto la madre spesso non lavorava e i ricoveri sono stati molto costosi.
E’ stato un riferimento per noi questo bambino… c’è un racconto di Gandhi che si chiama “Il talismano” che dice: quando hai dubbi sulle decisioni che stai prendendo, pensa alla persona più povera che conosci, pensa se quello che farai, la decisione che devi prendere gli porterà più libertà, più possibilità di essere se stesso, più liberazione, più dignità... e se la risposta è sì, allora è una buona decisione e ti permetterà di uscire dal tuo ego.
Grazie Rabia perché hai resistito e hai sorriso con noi.