Cosa facciamo concretamente?

- 26 gennaio
Primo breve resoconto. Sono arrivata l'altro ieri sera, tardi, accompagnando K., donna libanese di 60 anni che è venuta in Italia con i figli, di cittadinanza siriana (quella libanese si trasmette solo per via paterna), minacciati e in pericolo. La loro colpa è il loro impegno a favore dei profughi siriani, attraverso scuole e cliniche gratuite per i siriani, che però tolgono così utenza pagante alle strutture gestiste dalle cosche locali (in mancanza totale di scuole e cliniche pubbliche).
Lei è stata trattenuta due ore in aeroporto per controlli non meglio specificati. Entrambe purtroppo abbiamo visto tanti respingimenti arbitrari e abusi sui confini per riuscire a vivere serenamente queste due ore d'attesa, ma alla fine siamo entrate. Lei tornava per visitare il resto della sua famiglia che non ha avuto la possibilità di emigrare e che non vede da anni.
Incredibile la festa che le hanno fatto figli e nipoti!!

Ho poi raggiunto i volontari di Operazione Colomba che vivono in una tenda in un campo profughi al fianco dei siriani e abbiamo avuto un'intensa giornata. Abbiamo distribuito latte in polvere alle mamme che hanno partorito da poco: a causa della malnutrizione e dello stress a cui sono sottoposte molte non hanno sufficiente latte per nutrire i figli, e se non gli fornissimo noi questo aiuto non potrebbero permetterselo. Finiscono per dare a bimbi non ancora svezzati acqua e zucchero.
Siamo andati a visitare Umm S. spaventatissima perché viene costantemente minacciata perché non riesce a pagare l'affitto.
Abbiamo portato aiuti a una signora che deve essere operata al polso a causa di una cisti che non le permette di lavorare. Dovrebbe pagare interamente l’operazione perché per questo tipo di situazioni non emergenziali non si trovano aiuti. Così potrà tornare a lavorare e aiutare la famiglia. Abbiamo portato un sostegno economico anche ad un'altra famiglia con due bimbe gravemente disabili e altri tre figli.
Abbiamo poi portato maglioni e vestiti caldi a una famiglia del campo che mandava i bimbi in giro con vestiti strappati e di cotone.

Oggi portiamo quaderni da colorare e giochi a una scuola autogestita dai siriani per i loro bimbi e facciamo due visite di monitoraggio a famiglie che abbiamo indicato per i Corridoi Umanitari per l’Italia, per dare loro una speranza di futuro.

- 27 gennaio
Ieri abbiamo visitato una mamma con 5 figli che 3 giorni fa, mentre ero ancora in Italia, è venuta a bussare alla nostra tenda chiedendo rifugio dal marito violento. È stato tutto molto veloce e concitato tra le chiamate a noi in Italia e alle associazioni che fanno sostegno alle donne in queste condizioni. Era sabato e tutti gli uffici erano chiusi. Ma le emergenze non hanno orario d’ufficio come si sa. I volontari hanno trovato un posto sicuro per la mamma e hanno giocato con i bambini per distrarli dalla terribile situazione. Oggi siamo tornati a visitarla e a offrirle il nostro sostegno.

Chiudiamo la tenda perché per qualche periodo non ci sarà nessuno di noi qui. Le persone ci aspetteranno tutto il tempo, per avere un luogo sicuro a cui bussare per chiedere. Una bimbetta ci chiede dove andiamo. In Italia. Con tutto il candore possibile ci guarda e dice "coi barconi"? Come se fosse una possibilità normale, l’unica via... no, noi possiamo andarcene quando vogliamo e lo facciamo con l'aereo.
Poi portiamo un sostegno a una famiglia che si appresta a partire con i Corridoi Umanitari. Chiedono un aiuto per comprare le valigie. Quando sono scappati la prima volta non avevano nulla con loro, nemmeno le valigie. Vogliono portare un po' di cose che non troveranno in Italia, qualche spezia, il mate. E vorrebbero arrivare con i vestiti belli per fare buona impressione. Sappiamo benissimo quante fatiche stano dietro alle accoglienze e dietro le partenze. Cerchiamo di prepararli al meglio possibile a ciò a cui vanno incontro e auguriamo buon viaggio anche a loro.

Infine, prima di partire verso Beirut, andiamo da Abu R. che come fosse un rosario ci snocciola l’elenco delle medicine che deve comprare e degli esami che deve fare per la sua salute. Tutte cose abbastanza nella norma per un uomo di 60 anni, che da 9 vive in un garage con una sola finestra, sottile in alto, umido e senza riscaldamento. Tutte cose però comunque inarrivabili per un siriano che lavora pochino quando può e non sempre è pagato. Prendiamo nota di tutto, fotografiamo ricette e prescrizioni e ci metteremo al lavoro appena abbiamo un attimo di respiro per metterlo in contatto con i medici, trovare Associazioni che coprano le spese e coprire noi quello che manca.

Partiamo su un service (minivan), che quando abbiamo aperto il progetto con C. 9 anni fa costava circa 2.000 lire libanesi… ora ne costa 50.000 senza che gli stipendi dei libanesi siano stati aggiornati!

- 28 gennaio
Siamo arrivati a Beirut dove siamo ospitati da E., un frate francescano che ha studiato in Italia dove alcuni di noi lo hanno conosciuto. Colpito dal nostro progetto e venuto a trovarci in tenda, nonostante le resistenze che culturalmente ci sono qui tra cristiani e musulmani (a causa degli scontri avvenuti in passato) e i pregiudizi in generale verso i profughi siriani. È venuto a dormire in tenda e a conoscere le persone, ed è tornato desideroso di presentare questa esperienza ai ragazzi che segue in parrocchia. Quello che altrove può sembrare banale qui è davvero una perla preziosa.

Oggi abbiamo fatto quello che chiamiamo "lavoro d ufficio". Teniamo traccia delle violazioni che subiscono i siriani a causa della condizione di illegalità nella quale si trovano (non esiste lo status di rifugiato quindi entrano con un visto turistico che scade e poi sono tutti irregolari).
Ci raccontano come funziona il passaggio dal confine e tutte le violenze che ancora adesso subiscono le persone che per necessità si trovano a passarlo, o le violenze che subiscono dall'esercito libanese quando entra in maniera violenta nei campi in cerca di qualcuno o qualcosa.
I nostri Report diventano una delle importanti basi per azioni politiche ad alto livello, portate avanti su più piani da varie realtà, che per questioni di sicurezza è meglio non specificare.
C. e P., che sono qui da tre mesi, registrano pazientemente tutte le annotazioni prese. Non solo testimonianze di violazioni, ma anche tutte le richieste e necessità. Una ad una si cerca di trovare una risposta, segnalando ad Associazioni specifiche, facendo invii ad un medico di fiducia, trovando fondi dove necessario e cercando risposte quando non se ne hanno.

Poi abbiamo incontrato la mia amica N., una tra le prime ragazze che ho conosciuto nel 2014 quando ho vissuto qui un anno. Allora aveva poco più di 20 anni e viveva in garage, piccolo ma dignitoso, vicino al nostro campo.
"Ci siamo conosciute che eravamo due ragazze e ora siamo due donne", dice mostrandomi con orgoglio suo figlio, e alludendo ai miei che non ha mai visto.
N. adesso vive nello sgabuzzino di un posteggio auto. È una stanza di tre metri per 4, senza finestre. Ed è tutta lì la casa per lei, il marito e i tre figli che non vanno a scuola. Lei insegna a casa a suoi bimbi a leggere e scrivere in arabo e inglese e sogna di poter dare loro un futuro. Per ora non hanno nemmeno la possibilità di giocare all’aperto perché fuori casa c è solo cemento e strade ad alta velocità. Stiamo cercando di darle la possibilità di venire in Europa e mettere a frutto i suoi doni... anche se la strada è lunga e difficile.
È l ultimo incontro che facciamo prima di prepararci a ripartire e nonostante le sue difficoltà io sono piena di gioia per averla rivista.

Non posso che riconoscere che ho fatto ben poco scendendo per 4 giorni qui. Sono davvero grata che esistano i volontari e le volontarie di Operazione Colomba, persone che decidono di usare il loro tempo gratuitamente per provare a cambiare le cose che non vanno in questo mondo, anziché lamentarsi o indignarsi senza agire.
Senza le disponibilità grandi e piccole di ciascuno di loro non sarebbe possibile raggiungere tutte queste persone, ormai quasi invisibili, nascoste tra le pieghe di un sistema folle e malato che si chiama guerra.
Torno con il sentimento ancora più forte di ingiustizia perché dovremmo avere tutti gli stessi Diritti, le stesse opportunità e la possibilità di sperare... mentre qui c'è un popolo intero bloccato nella disperazione.